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"Indagato per mafia non mi sono dimesso. Assolto dopo 12 anni"

L'ex governatore della Sicilia e il caso Liguria. "Massacrante gogna mediatica di Repubblica"

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Dodici anni di calvario giudiziario e poi la definitiva assoluzione sancita dalla Corte di Cassazione. Raffaele Lombardo, ex presidente della Regione Siciliana (2008-2012) dalla sua isola, rivede nelle vicende che coinvolgono il governatore Giovanni Toti il suo inferno. La gogna. «Processato su Repubblica e assolto in Tribunale» dice in un'intervista al Giornale. «Per me l'accusa fu infamante: concorso esterno in mafia e voto di scambio». Oggi per le elezioni europee del prossimo 8 e 9 giugno è al fianco di Caterina Chinnici, candidata nella lista di Forza Italia e figlia di Rocco Chinnici, il giudice ammazzato dalla mafia che negli anni 80 avviò con Falcone e Borsellino una lotta senza quartiere a Cosa nostra. «È il mio riscatto», ribadisce nell'intervista.

Lombardo, immagino stia seguendo le vicende che coinvolgono il governatore della Liguria Giovanni Toti

«Certo, leggo dai giornali. Ma non ho conoscenza degli atti giudiziari. A Toti ho mandato la mia solidarietà pubblica e indiretta. Non potendolo, per ovvie ragioni, mandargli un abbraccio di persona».

Che idea si è fatto da ex presidente della Regione?

«Mi sembra singolare che un politico prenda una tangente con un bonifico. Semmai si potrebbe parlare di finanziamento illecito. Ma il tema è un altro».

Quale?

«L'abolizione del finanziamento pubblico alla politica. Se togli il finanziamento pubblico, la politica deve in qualche modo reperire i soldi dai privati».

Quindi il problema è a monte? Non c'entra la corruzione?

«Questa corruzione non la vedo».

Lei da presidente della Regione fu colpito da un'inchiesta giudiziaria. Una storia molto simile a quella di Toti?

«L'accusa nei miei confronti era infamante», concorso esterno in mafia e voto di scambio».

Si dimise subito?

«Per carità, i miei legali mi suggerivano anche per una strategia legale le dimissioni».

E lei?

«Cambiai avvocato, ho resistito. Era impensabile che fossero i giudici a decidere il destino della Sicilia. Non mi sono dimesso. Sapevo che con la mafia non c'entravo nulla e con tutte le altre accuse».

E poi?

«Alla fine sono stato assolto da tutte le accuse che mi venivano contestate. Ho evitato alla Sicilia un lungo commissariamento».

Dopo quanti anni è arrivata l'assoluzione?

«Dodici anni. Un calvario lunghissimo».

Come visse quei giorni, quando l'inchiesta esplose?

«Con dolore. Ma soprattutto con la gogna mediatica fu massacrante. Il quotidiano Repubblica guidava l'attacco mediatico. Gli atti dell'inchiesta venivano pubblicati prima su Repubblica e poi venivano dati ai miei legali».

Si può dire che lei ha subito un primo processo da Repubblica?

«Certo, poi però nel processo vero, rispetto a quello che si celebra sui giornali, sono stato assolto».

Toti dovrebbe resistere come lei?

«Non mi permetto di dare consigli a Toti. Posso dire cosa ho fatto io in una condizione analoga: non mi sono dimesso».

Sul piano umano, in quei giorni chi le è stato vicino?

«La famiglia, tutta si è stretta al mio fianco».

Gli amici?

«Molti andarono, poi sono tornati dopo l'assoluzione».

Ha detto di esser impegnato in evento elettorale. Che fa? Ha ripreso con la politica?

«Mai smesso. Ho continuato a lavorare per il mio partito Movimento per Autonomie per il sud che è ancora una realtà».

Alle Europee ha deciso chi vota?

«Sono al fianco di Caterina Chinnici. Sa chi è?»

Certo.

«È la figlia del magistrato ammazzato dalla mafia e che fu il promotore con Falcone e Borsellino del pool antimafia. E a me contestavano il concorso in mafia».

Lo vive come un riscatto?

«Esattamente».

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