Europa

Inflazione ai minimi dal 2021. Panetta: "I tassi scenderanno"

A novembre l'indice dei prezzi cresciuto solo dello 0,8%, carrello della spesa più leggero. Il governatore di Bankitalia alla Bce: "Non si prolunghi la stretta"

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Calo drastico dell'inflazione a novembre. Il tasso di incremento annuo è infatti sceso al +0,8%,(+1,7% a ottobre). Era da marzo 2021 che non si registrava un incremento così moderato. Su base mensile c'è stata addirittura deflazione (-0,4%). Il dato acquisito per il 2023 (ossia con variazione nulla a dicembre) è del 5,7 per cento. Meno marcata la decelerazione del «carrello della spesa» dal 6,1% di ottobre al 5,8 per cento. La flessione complessiva è legata alla discesa dei prezzi energetici (-36% annuo i regolamentati, -22,5% i non regolamentati), ma anche dal confronto con un mese di novembre 2022 nel quale l'inflazione annua segnò un picco dell'11,8 per cento. Anche nell'area euro il tasso di inflazione annuo è in calo al 2,4%, un dato migliore delle attese degli analisti (2,7%).

Ecco perché il neo governatore di Bankitalia, Fabio Panetta, nella sua prima uscita pubblica in Italia al 60simo anniversario dalla costituzione di Iccrea, ha sottolineato che la Bce deve agire con «cautela» per evitare «inutili danni» all'economia e i tassi di interesse potrebbero rimanere alti per poco se il calo dell'inflazione dovesse accelerare, come dimostrano anche gli ultimi dati nell'Eurozona. «La disinflazione è bene avviata e l'attuale livello dei tassi ufficiali è adeguato a riportare la dinamica dei prezzi all'obiettivo del 2 per cento», ha rimarcato accogliendo come un segnale «favorevole» il nuovo calo dei prezzi registrato da Eurostat. Secondo il numero uno di Bankitalia, «le condizioni monetarie dovranno rimanere restrittive per il tempo necessario a consolidare la disinflazione». Questo periodo potrebbe essere più breve del previsto «qualora la persistente debolezza dell'attività produttiva accelerasse il calo dell'inflazione». Un inutile prolungamento della politica monetaria restrittiva aggiunta, ha aggiunto, comporterebbe «rischi per la stabilità finanziaria, che finirebbero per mettere a rischio la stessa stabilità dei prezzi». Non ci sarebbe potuto essere un miglior esordio «casalingo» considerato il messaggio deciso inviato a Madame Lagarde e ai falchi di Francoforte come il presidente della Bundesbank, Joachim Nagel.

Un allentamento della stretta sui tassi è necessario per sostenere. La bozza di riforma del Patto di Stabilità circolata ieri a Bruxelles ristabilisce la divisione tra i Paesi fortemente indebitati e quelli che superano il tetto del 60% fissato dai trattati. La regola del taglio annuo dell'1% del debito/Pil ora sul tavolo, in vista dell'Ecofin dell'8 dicembre, vale per i Paesi con un debito che supera il 90% del Pil. Per quelli con un debito tra il 60 e il 90% la richiesta sarebbe di ridurlo dello 0,5%. Nel negoziato si ipotizza, inoltre, una forchetta tra lo 0,5% e lo 0,75% annuo cumulato per la soglia di scostamento che sarà tollerata per i piani di spesa a 4 anni, che saranno concordati dagli Stati e potranno venir estesi a 7 anni. Il saldo annuale tra crediti e debiti non deve superare una quota compresa tra lo 0,5% e lo 0,75% del Pil, nel qual caso scatterebbe una procedura. Fermo restando il pareggio di bilancio e l'obbligo di ridurre il debito (20 miliardi all'anno circa per l'Italia, anche se una crescita pronunciata del Pil ridurrebbe lo sforzo; ndr), vi sarebbe la possibilità di un mini-sforamento di 9-14 miliardi.

Allo stesso modo, sembra che la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, abbia parzialmente ascoltato le richieste dell'Italia sull'esclusione di alcune spese dal computo del deficit. «Gli investimenti per la difesa, per una questione di trasparenza, devono essere conteggiati nel debito pubblico e nel deficit, ma il nostro quadro fiscale deve garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche, sostenendo al contempo gli investimenti in beni pubblici strategici». Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti aveva chiesto l'esclusione delle spese per la transizione green, ma tant'è. Più problematico rischia di essere l'obiettivo di salvaguardia del deficit, una volta completato il piano di riduzione del debito.

Il livello è all'1,5% del Pil, troppo basso per finanziare lo sviluppo.

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