Cronaca giudiziaria

Innocente in prigione risarcito con 60mila euro. "Ma ora ho perso tutto"

Sette mesi di detenzione (cinque in carcere e due ai domiciliari) e un'azienda persa

Innocente in prigione risarcito con 60mila euro. "Ma ora ho perso tutto"

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Innocente in prigione risarcito con 60mila euro. "Ma ora ho perso tutto"

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Sette mesi di detenzione (cinque in carcere e due ai domiciliari) e un'azienda persa. Erminio Diodato, imprenditore di Vergiate (Varese), arrestato ingiustamente nel luglio 2020, e assolto nel giugno dell'anno successivo, ha vinto contro la «non giustizia» come lui stesso definisce ciò che gli è accaduto.

Il suo caso va ad aggiungersi al lungo elenco delle persone innocenti che per errore giudiziario hanno dovuto però passare periodi più o meno prolungati in carcere. A gennaio aveva destato scalpore il caso di Beniamino Zuncheddu, liberato dopo 33 anni di carcere.

L'accusa contro Diodato era di detenzione di droga ai fini di spaccio. Assistito dall'avvocato Daniele Galati, che ha trovato le prove che lo hanno scagionato dalle accuse, Diodato ha ottenuto un risarcimento dallo Stato pari a 60mila euro, come ha deciso la corte d'Appello di Milano accogliendo la richiesta per l'ingiusta detenzione.

La cifra corrisposta è infinitamente più bassa rispetto a quella chiesta: l'avvocato aveva chiestyo un risarcimento di mezzo milione, il suo cliente dovrà accontentarsi di 60mila euro. «Almeno è abbastanza per ricominciare, visto che il mio assistito ci ha rimesso un'attività da 240mila euro all'anno». «Ho perso tutto ciò per cui ho lavorato una vita - spiega Diodato - . Quella mattina quando sono stato chiamato non ho nemmeno voluto contattare l'avvocato: sapevo di non aver fatto nulla di male. È stato tutto doloroso e surreale, come se parlassero di un'altra persona».

I poliziotti avevano trovato, sulla base di una telefonata anonima, oltre due chili di cocaina e una pressa che, secondo gli inquirenti, sarebbe servita per confezionare i panetti di stupefacente in un deposito della società di Diodato. Per lui sono scattate le manette così come per un albanese di 43 anni che ha subito confessato di essere il solo responsabile per la droga, scagionando Diodato che è comunque rimasto in carcere.

«Già dopo i primi 10 giorni dall'arresto, c'erano elementi tali da far cadere la custodia cautelare in carcere - prosegue il legale - anche le impronte dattiloscopiche trovate sui panetti di stupefacente hanno rivelato che Diodato non li aveva mai toccati: c'erano solo le impronte dell'altro arrestato». Adesso è arrivato il risarcimento per i 145 giorni di ingiusta detenzione.

La storia di Diodato ha dell'incredibile, ma il suo caso si aggiunge alle storie dei 30mila italiani vittime di errori giudiziari. In pratica, tre persone al giorno sono finite dietro alle sbarre senza avere colpe, spesso senta c'entrare nulla con i capi d'accusa. Alcuni sono rimasti in carcere pochi mesi, altri una vita e mai, mai, i risarcimenti sono stati all'altezza: di una vita persa, di un lavoro bruciato, di una diffamazione che ha disintegrato sogni, relazioni sociali, rapporti. Le «sviste» della non-giustizia costano allo stato quasi un miliardo.

Ma la sofferenza che può nascere dalla reclusione ingiusta va purtroppo contestualizzata nel quadro già preoccupante che emerge dalle carceri sarde.

Mancano educatori, attività formative e, specie se si parla dei problemi di salute mentale dei detenuti, le figure di supporto nelle carceri non sono sufficienti e i percorsi di cura, difficilmente accessibili.

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