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Caso dossieraggi, l'allarme del governo. Si sveglia anche Schlein

Sullo scandalo delle spiate la premier parla di "un caso gravissimo". E la leader dem: "Serve estrema chiarezza"

Caso dossieraggi, l'allarme del governo. Si sveglia anche Schlein

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L'allarme del governo. Si sveglia anche Schlein

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Maggioranza e opposizione sono per una volta d'accordo: quel che è accaduto con il dossieraggio a strascico è un attacco alla democrazia e ora qualcuno deve dare delle spiegazioni. Chiarimenti che arriveranno già a partire da oggi nelle sedi competenti: il Copasir e la Commissione antimafia dove sono attesi il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo e quello di Perugia Raffaele Cantone.

La vicenda degli accessi abusivi alle banche dati, con centinaia di personaggi spiati, tiene banco nel Palazzo e infiamma il dibattito.

A parlare è anzitutto la premier Giorgia Meloni: «Io penso che sia francamente gravissimo che in Italia ci siano funzionari dello Stato che hanno passato il loro tempo a violare la legge facendo delle verifiche su cittadini comuni e non a loro piacimento per poi passare queste informazioni alla stampa e in particolare ad alcuni esponenti della stampa. Utilizzare così le banche dati pubbliche - aggiunge Meloni - non c'entra niente con la libertà di stampa».

Insomma, occorre vigilare sui meccanismi della democrazia. Come sottolinea, uscendo dal silenzio dei giorni scorsi, anche Elly Schlein: «Uno scandalo e una cosa di gravità inaudita. Bisogna fare estrema chiarezza e per questo abbiamo chiesto che vengano sentiti Melillo e Cantone».

Così, in poche ore il calendario bipartisan delle audizioni è pronto: oggi pomeriggio l'Antimafia ascolterà Melillo e domani mattina Cantone che a Perugia ha portato allo scoperto l'incredibile sequenza di accessi abusivi, circa ottocento su trecento bersagli. Giovedì i due magistrati saranno al Copasir e cercheranno di diradare le nubi che si sono addensate sul cielo della Procura nazionale antimafia. Un fatto è certo: al suo arrivo, Melillo ha riorganizzato gli uffici dove di fatto i controlli erano inesistenti e dove per anni il luogotenente delle Fiamme gialle Pasquale Striano aveva fatto quel che voleva, sembra talvolta con la sponda del magistrato Antonio Laudati, ora indagato insieme all'ufficiale di polizia giudiziaria.

Esisteva un sistema collaudato di violazione delle norme e di saccheggio di dati sensibili che finivano spesso sulla prima pagina del quotidiano Domani. Che però, fino a prova contraria, faceva il suo lavoro. Va anche detto che, secondo fonti della procura di Perugia, non esisterebbero mandanti o terzi livelli o ricatti sulla base dei dossier acquisti; in pochissimi casi che si contano sulle dita di una mano il materiale raccolto illegalmente sarebbe servito per pilotare le indagini; la vicenda più imbarazzante è quella dell'indagine in qualche modo alimentata per screditare il presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina.

Il presidente della Lazio Claudio Lotito, che secondo tutti i media avrebbe avuto interesse a mettere in cattiva luce Gravina, prova ad arginare la stampa: «Sono completamente estraneo alle dichiarazioni che mi vengono attribuite, anche per bocca dell'avvocato Gian Michele Gentile, essendo io fra l'altro all'estero per sostenere la Lazio».

Insomma, come sempre in questi casi, accadono molte cose.

Ma certo, l'allarme suona nel Palazzo e ci si chiede come la gestione delle sos (segnalazioni di operazioni sospette) provenienti dalla Banca d'Italia, sia stata a lungo una repubblica indipendente.

E l'indignazione sale. «Che ci siano funzionari infedeli dello Stato che, secondo l'accusa, spiano giorno e notte migliaia di italiani, anche sui conti correnti - afferma il vicepremier Matteo Salvini - è gravissimo. Vorrei sapere se i vertici della Guardia di finanza ne erano al corrente o meno. Io personalmente farò denunce il più possibile per capire chi spiava e su mandato di chi».

Infine, il Guardasigilli Carlo Nordio: «Certamente siamo davanti a un fatto estremamente grave che si innesta in una situazione sedimentata da anni». Poi il ministro della giustizia allarga il discorso: «L'articolo 15 della Costituzione che considera inviolabili le comunicazioni fra persone è diventato una aspirazione metafisica».

Vedi il capitolo intercettazioni.

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