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L’addio triste di Boris "Lascio la leadership ma non avrei voluto. Frenato dal gregge". Ora si apre la sfida alla sua successione

L’annuncio del primo ministro, che abbandona la guida del partito ma per l’addio al governo vuole attendere l’autunno. I Laburisti e qualche collega di partito premono: via subito. Battaglia per il dopo

L’addio triste di Boris "Lascio la leadership ma non avrei voluto. Frenato dal gregge". Ora si apre la sfida alla sua successione

Londra. Voleva «combattere fino alla fine», ma alla fine Boris Johnson si è arreso, travolto da una valanga di defezioni ministeriali. Dopo due giorni caotici, ieri mattina il capo di governo più imprevedibile che il Regno Unito abbia mai avuto ha annunciato le sue dimissioni, seppur non complete. Ha infatti rinunciato alla leadership del partito con effetto immediato, ma sarebbe sua intenzione rimanere a capo del governo fino a ottobre, quando verrà eletto il nuovo capo del partito. Una decisione che molti, anche all'interno della sua stessa forza politica, ritengono poco percorribile e neppure opportuna. Giudizi di cui, almeno per ora, BoJo non intende curarsi e per dimostrarlo ha immediatamente formato un nuovo esecutivo che dovrebbe rimanere in forza fino all'autunno. Il suo discorso di commiato, tenuto all'ora di pranzo, di fronte al famoso portone nero del numero 10 di Downing Street, rivelava tra le righe la rabbia repressa contro i colleghi che hanno causato la sua caduta assieme alla convinzione di essere ancora quello più indicato a guidare il Paese. «In questi ultimi giorni ho tentato di convincere i miei colleghi che sarebbe stato eccentrico cambiare governo proprio nel momento in cui stavamo raggiungendo così tanti obiettivi - ha detto Johnson, rivolgendosi a coloro che gli hanno voltato le spalle - nel momento in cui avevamo un così vasto mandato ed eravamo soltanto un paio di punti indietro nei sondaggi. Ma come avete visto a Westminster l'istinto del gregge è potente e amici miei, in politica nessuno è indispensabile». Molte le parole dedicate ai successi del governo, dalla Brexit alla campagna vaccinale, alla forte posizione presa nei confronti dell'aggressione russa verso l'Ucraina (Boris dice di Zelensky: «Sei un eroe» e il leader ucraino replica: «Ci mancherai»). Johnson ha ringraziato i milioni di elettori che nel 2019 hanno decretato la vittoria dei Conservatori spiegando che «era proprio per questo che ho lottato per rimanere, per portare a compimento di persona quello che avevo promesso». E al pubblico britannico ha rivolto il messaggio finale: «So che molti di voi saranno sollevati e forse qualcuno si sentirà deluso, ma voglio dirvi quanto sia triste nel dover rinunciare al lavoro più bello del mondo. Ma così è la vita».

Scatta ora la corsa alla successione che vede tra i favoriti l'attuale ministro alla Difesa, Ben Wallace, ma anche l'ex Cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak, seguito dalla ministra per gli Esteri, Liz Truss, che in un twitter ieri ha riconfermato il suo supporto a Johnson, e dal Procuratore generale Stella Braverman. Non correranno il vice Premier Dominic Raab, né il suo ex ministro per le comunità Michael Gove, «licenziato» dall'incarico dallo stesso BoJo per avergli consigliato di dimettersi. Rimangono invece in lizza l'attuale ministro per le Finanze Nadhim Zahawi e l'ex ministro conservatore Jeremy Hunt.

Ieri, il nuovo esecutivo si è trovato d'accordo nel considerare estremamente ridotti i poteri del Premier fino alla sua sostituzione. In pratica Johnson dovrebbe avere il semplice ruolo di supervisore tecnico, un garante della continuità dei lavori, ma nulla di più. Tuttavia sono molti quelli che vorrebbero BoJo completamente fuori dai giochi. Secondo l'ex Primo Ministro John Major «non è saggio che Johnson rimanga Premier» e anche il leader dell'opposizione Keir Starmer ha chiesto le sue dimissioni immediate e complete. «Se i Conservatori non solleveranno dall'incarico Johnson, proporremo un voto di sfiducia nell'interesse nazionale, perché così non si può andare avanti» ha promesso Starmer, affermando che il Paese ha bisogno di «un nuovo inizio», senza spiegare come il suo partito intende garantirlo, in caso di vittoria alle elezioni. Contrapposte, nel Paese, le reazioni degli elettori, affranti o entusiasti di fronte alla rinuncia del leader dei Tory, mentre ieri una piccola folla si è raccolta davanti ai cancelli di Downing Street gridando «bugiardo» e «fuori!» all'indirizzo di un Premier in disgrazia.

La sterlina ha fatto registrare un balzo dell'1%, forse l'unica vera buona notizia della giornata.

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