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Laudati scrive all'Antimafia: "Ascoltatemi". Colosimo: anch'io vittima di dossieraggio

La presidente della commissione: "Moltissimi accessi illegali, bisogna fare luce"

Laudati scrive all'Antimafia: "Ascoltatemi". Colosimo: anch'io vittima di dossieraggio

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Laudati scrive all'Antimafia: "Ascoltatemi". Colosimo: anch'io vittima di dossieraggio

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«Riserbo». È questa la parola chiave nell'inchiesta della Procura di Perugia sui presunti dossieraggi a carico di politici e vip a base di delicatissime informazioni bancarie, denunciata dal ministro della Difesa Guido Crosetto. Oggi la commissione Antimafia che lavora sul rischio dossieraggi parallelamente all'indagine di Raffaele Cantone, ascolterà Enzo Serata, il direttore dell'Unità di informazione Finanziaria (Uif) di Banca d'Italia, la banca dati con le Segnalazioni di operazione sospette da cui avrebbe attinto il tenente della Guardia di Finanza Pasquale Striano per poi girare queste informazioni a cronisti amici.

«Da quello che emerge gli accessi illegali sono molti di più di quanto ha detto Cantone, giusto mantenere il pieno riserbo ma è altrettanto giusto fare piena luce», assicura al Forum Adnkronos al Palazzo dell'Informazione la presidente dell'Antimafia Chiara Colosimo di Fratelli d'Italia, che prima ammette «hanno fatto un accesso su di me» poi annuncia l'audizione anche «di chi era nel posto di Striano prima di Striano», compreso - a quanto pare - anche il vicequestore Giuseppe Puzzo. A chiedere di essere sentito è anche il procuratore antimafia Antonio Laudati, diretto superiore di Striano indagato da Cantone ma difeso dallo stesso finanziere («Non mi ha mai chiesto nulla...», ha detto alle Iene). A Perugia il pm ha fatto scena muta, i suoi legali ieri hanno chiesto che venga sentito in Antimafia con contestuale deposito di atti «che ricostruiscono la vicenda e il sistema dei poteri e dei controlli della Procura nazionale antimafia».

Forse questo spiega il nervosismo di Cantone e le sue recenti intemerate contro la riforma della giustizia che ha in mente l'esecutivo, su tutte l'addio all'articolo 323 che prevede l'abuso d'ufficio, inteso come «reato spia» della corruzione nella pubblica amministrazione. «L'abrogazione? Ne penso tutto il male possibile», sostiene l'ex numero uno dell'Autorità anticorruzione, convinto che la sua abrogazione rappresenti «un arretramento significativo nella lotta alla corruzione che renderà certamente più complesse le indagini» mentre invece le modifiche sul traffico di influenze «renderà di fatto il reato assolutamente inapplicabile», aveva detto qualche giorno fa. Cantone è della corrente di Magistratura democratica e non fa mistero di volersi accodare ai distinguo dell'Anm e della magistratura più ideologizzata sulla riforma che ha in mente il Guardasigilli Carlo Nordio, dai test psicoattitudinali alla separazione delle carriere, ma il capo della Procura perugina sa meglio di chiunque altro che l'abuso d'ufficio ha fallito come «reato spia», non invece come marchio impresso a fuoco sulla reputazione dei politici che ne sono rimasti vittime innocenti nel 99% dei casi.

Chissà che l'audizione di Laudati non inguai ancor di più Federico Cafiero de Raho, oggi eletto con M5s in commissione ma in passato numero uno della Direzione nazionale antimafia e diretto superiore di Striano, di cui ha declamato anche le lodi. Un conflitto d'interessi che sembra irrisolvibile senza un passo indietro del grillino.

Per Raffaella Paita di Italia viva «in questa vicenda vergognosa su cui chiediamo chiarezza con ogni iniziativa possibile, la posizione di de Raho è inopportuna».

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