Guerra in Israele

Libano e Iran: "Adesso vendetta". Blinken prova a frenare la guerra

Nasrallah: "Possiamo riprendere territori". Raisi: "Sarà la fine di Israele". Tel Aviv: "Hezbollah? Meglio il dialogo ma il tempo stringe". Il segretario Usa da Erdogan

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Si gioca su un doppio binario la strategia diplomatica americana in Medio Oriente nella fase attuale, mentre Iran ed Hezbollah promettono vendetta. Alla missione del segretario di stato Usa Antony Blinken, che ieri ha iniziato dalla Turchia il suo quinto tour nella regione dallo scoppio della guerra tra Israele e Hamas, si affianca quella dell'emissario di Joe Biden Amos Hochstein, che ha incontrato a Tel Aviv il premier Benjamin Netanyahu, Benny Gantz, membro del gabinetto di guerra israeliano, e il ministro della Difesa Yoav Gallant. L'obiettivo è tentare di raggiungere una soluzione diplomatica nel nord del Paese, fra Israele e Libano, dopo che un drone ha colpito e ucciso Saleh al-Arouri, vice capo politico di Hamas e fondatore dell'ala militare del gruppo, ospite a Beirut in una enclave di Hezbollah. Ma Gallant ha avvertito che il tempo per gli sforzi diplomatici volti a porre fine alle tensioni con Hezbollah sta per scadere. La missione di Hochstein avviene quasi in contemporanea al viaggio di Blinken, l'ennesimo per cercare di evitare un allargarsi del conflitto e raggiungere una riduzione delle operazioni militari a Gaza. In Turchia ha in agenda un incontro con l'omologo Hakan Fidan e potrebbe vedere anche il presidente Recep Tayyip Erdogan, quindi si recherà in Giordania, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita ed Egitto, nonché in Cisgiordania. Un tour nel corso del quale, come ha confermato il portavoce Matthew Miller, discuterà di «misure immediate volte ad aumentare in modo significativo gli aiuti umanitari nella Striscia». Mentre una delegazione dello Shin Bet (l'agenzia di intelligence per gli affari interni di Israele) si è recata in settimana al Cairo per incontri con le controparti, discussioni sugli ostaggi e sull'area di Rafah.

Intanto, è esplosa l'ira di Iran ed Hezbollah contro Washington e Tel Aviv. Il leader di Teheran Ebrahim Raisi, partecipando a Kerman ai funerali delle vittime del doppio attentato di mercoledì, ha assicurato che l'operazione «Diluvio di Al Aqsa», come Hamas ha chiamato la guerra contro Israele, porterà alla «fine del regime sionista». «Una punizione certa aspetta gli autori degli attacchi terroristici di Kerman», ha aggiunto, e «il luogo e il tempo» della vendetta saranno «scelti» dalla Repubblica islamica. Il comandante delle Guardie della Rivoluzione iraniana, Hossein Salami, da parte sua, ha affermato che «i terroristi dell'Isis agiscono semplicemente come agenti dell'America e di Israele. Oggi l'Isis non controlla un briciolo di terra, sono scomparsi e si nascondono nei loro nidi». Riguardo invece l'attacco israeliano nella periferia sud di Beirut, il leader degli Hezbollah libanesi, Hassan Nasrallah, in un discorso trasmesso in diretta tv ha assicurato che «non rimarremo in silenzio e risponderemo al nemico. Sarà il terreno di battaglia a parlare, e non può aspettare». Anche a suo parere dietro al duplice attentato compiuto il 3 gennaio a Kerman ci sono «gli Stati Uniti, che usano l'Isis come un loro strumento». Nasrallah ha poi suggerito che lo sforzo diplomatico per sedare le tensioni in Medio Oriente potrebbe portare il Libano a riguadagnare territori contesi, parlando di «opportunità storica».

Nel frattempo, una tv israeliana ha svelato un documento di 27 pagine che conferma come i servizi non presero sul serio la minaccia di Hamas. L'esatta dinamica dell'attacco sferrato il 7 ottobre era descritta in un file top secret dell'intelligence militare redatto nell'autunno del 2022 dalla «Divisione Gaza» dell'esercito. Il documento spiegava che Ezzedin al-Qassam, l'ala militare di Hamas, aveva addestrato per l'operazione unità di elite chiamate Nukhba, forti di 2.400 uomini. E avvertiva che l'obiettivo era la «penetrazione massiccia in territorio israeliano» per espugnare basi militari e kibbutz facendo una strage.

Gli autori sapevano già allora che Hamas progettava di minare la muraglia di confine e inviare miliziani armati. Non è stato sciolto tuttavia il dubbio maggiore: per quale motivo i comandanti dell'intelligence militare non hanno preso quel testo nella dovuta considerazione?

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