Europa

L'iberica Calviño al vertice Bei. Roma incassa ma non gradisce

Nel giorno in cui sul nuovo Patto di stabilità l'Europa si è presa un supplemento di riflessione, i ministri dell'Economia dei 27 hanno chiuso la partita per il presidente della Banca europea degli investimenti (Bei), incoronando Nadia Calvino

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Nel giorno in cui sul nuovo Patto di stabilità l'Europa si è presa un supplemento di riflessione, i ministri dell'Economia dei 27 hanno chiuso la partita per il presidente della Banca europea degli investimenti (Bei), incoronando Nadia Calvino (in foto). Il sì dell'Ecofin è giunto dopo una lunga trattativa, che di fatto si è sbloccata con l'endorsment arrivato all'inizio di novembre da Berlino. A quel punto la prima vice premier e ministra delle Finanze del governo Sanchez ha avuto la strada in discesa: dei tre Paesi che hanno da soli il 18% del capitale dell'istituto - Francia, Germania e Italia - due la sostenevano. Roma, però, non ha ceduto fino all'ultimo. Il ministro Giorgetti ha dovuto prendere atto della decisione dell'Ecofin, contestando tuttavia la procedura adottata e non risparmiando una battuta sulla fine dei giochi per i vertici della Bei: «Rigore è quando l'arbitro fischia...», ha osservato il ministro, citando una delle più celebri frasi di Vujadin Boskov. L'Italia è stata in qualche modo protagonista nella corsa alla successione di Werner Hoyer, che a fine anno lascerà la potentissima banca di investimenti con sede a Lussemburgo. Il governo aveva candidato Daniele Franco. L'ex ministro dell'esecutivo Draghi non è però mai stato davvero in partita, muovendosi all'ombra dei due favoriti: Calvino da un lato e la vice presidente della Commissione con delega alla Concorrenza Margrethe Vestager. «La Calvino è un'ottima candidata, l'Italia aveva il suo... se Franco fosse stato ministro al mio posto se la sarebbe potuta giocare meglio», ha sibilato Giorgetti al termine dell'Ecofin. La nomina di Calvino non era nelle corde del governo Meloni. I motivi sono diversi. Innanzitutto il ritorno a Palazzo Berlaymont di Vestager, vero e proprio sceriffo della concorrenza, potrebbe complicare i tanti, delicati dossier aperti tra Roma e Bruxelles nel settore. E poi c'è un fattore squisitamente politico.

La formazione del governo Sanchez II, con l'intesa con gli indipendentisti catalani, ha visto il Ppe accusare frontalmente la premier Meloni di violazione dello stato di diritto.

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