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L'idea "anti quorum" della Lamorgese per ostacolare i referendum: al voto il 12 giugno

Election day sì, no, boh. Equazione difficile da risolvere quella legata alla richiesta di Matteo Salvini di accorpare il voto del prossimo referendum alla tornata primaverile delle Amministrative

L'idea "anti quorum" della Lamorgese per ostacolare i referendum: al voto il 12 giugno

Election day sì, no, boh. Equazione difficile da risolvere quella legata alla richiesta di Matteo Salvini di accorpare il voto del prossimo referendum alla tornata primaverile delle Amministrative. Politicamente, il via libera alla proposta del leader del Carroccio è arrivato in tempo reale anche da Forza Italia, che con Antonio Tajani ha chiesto di andare alle urne con l'abbinamento. A favore di questa opzione non c'è solo una valutazione «riformista», ossia quella che il voto congiunto garantirebbe una «spintarella» al quorum, pur senza garantirne il raggiungimento.

L'altro elemento da non sottovalutare è quello dei costi e della convenienza logistica: unire il voto delle Amministrative e quello dei cinque quesiti referendari permetterebbe un considerevole risparmio - non meno di 200 milioni di euro - ed eviterebbe di «sequestrare» le scuole che ospitano i seggi per tre volte (referendum, primo turno, ed eventuali ballottaggi) in un momento tra l'altro delicato dell'anno scolastico, già messo a dura prova negli ultimi mesi dall'emergenza sanitaria. Anche sul fronte Covid, appunto, seppure al netto dell'auspicio di un ritorno alla normalità e della fine della fase emergenziale, ridurre le occasioni di assembramento ai seggi non farebbe certo male.

Inoltre, come detto, c'è ovviamente un elemento che sta a cuore soprattutto ai promotori: l'effetto traino. Ed è più che naturale che a quello Salvini guardi con interesse. Anche perché l'aria che tira sul fronte quorum non è delle migliori, dopo che il vaglio della Consulta ha bocciato i due quesiti con maggior appeal, quelli su eutanasia e cannabis, che riguardavano temi etici e che avrebbero più facilmente mobilitato i cittadini, spingendoli a recarsi alle urne. Certo, anche il tema della giustizia è «caldo», ma sicuramente i cinque quesiti toccano argomenti meno sensibili e più tecnici, e infatti i risultati di un recentissimo sondaggio di Pagnoncelli pubblicato dal Corriere della sera indicavano già come problematico il raggiungimento del quorum, raccontando di un corpo elettorale tendenzialmente favorevole alla riforma per via referendaria (con una maggioranza di sì per 3 dei 5 quesiti), ma allo stesso tempo poco incline a presentarsi alle urne.

Nello scenario attuale l'accorpamento sembra una via maestra e senza controindicazioni, anzi con l'evidente vantaggio del consistente risparmio per le casse statali. Ma non tutti la pensano così, e ci sono elementi da valutare che potrebbero influenzare la decisione finale. Innanzitutto l'iniziativa dovrebbe partire dal Viminale, e come è noto il leader del Carroccio Matteo Salvini non è mai stato troppo tenero nei suoi giudizi verso il suo successore, il ministro Luciana Lamorgese, che potrebbe approfittare dell'occasione per togliersi un sassolino dalle scarpe. Forte anche dei non troppi precedenti di voti referendari congiunti ad altre elezioni (è successo nel 2009, e il quorum non fu comunque raggiunto). E, come racconta il Fatto quotidiano, «fonti accreditate» del Viminale avrebbero già detto di un orientamento contrario all'accorpamento. Altre voci, invece, suggeriscono che il ministro avrebbe in mente di unire il voto del referendum al turno di ballottaggio delle Amministrative, probabilmente il 12 giugno.

Un sì all'accorpamento dunque, che, però, di fatto sposterebbe il voto in un momento in cui le tentazioni balneari peserebbero come ulteriore rischio per il raggiungimento del quorum. Va valutato, poi, come l'eventuale proposta del Viminale verrebbe accolta in Consiglio dei ministri. Dove l'ipotesi election day potrebbe trovare l'appoggio di quella parte, importante, del Pd che si è detta favorevole ai quesiti sulla giustizia. Anche se la responsabile Giustizia dei dem, Anna Rossomando, da sempre ostile alla via referendaria per la riforma, caldeggia invece una chiara presa di posizione contraria del suo partito.

La strada per Salvini, che sulla partita dei referendum si gioca anche la sua leadership nel centrodestra, è insomma ancora lunga e densa di insidie.

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