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Le liste di proscrizione degli eredi della Murgia

Saviano, i giornali amici, la "famiglia queer": tutti a caccia di chi osava criticare la scrittrice

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La caccia è aperta. La caccia ai lupi, così ci chiama oggi la Stampa. I lupi, «vale a dire certi quotidiani della destra». Sabato scorso, durante il suo ultimo addio a Michela Murgia in chiesa, Roberto Saviano aveva usato un altro appellativo, altrettanto violento: «squadristi dell'informazione». «Giornali infami e siti immondi col solo compito, anzi il mandato, di ingannare e insinuare». Noi del Giornale, ovviamente. Ma anche i colleghi di Libero e della Verità. Direttori, vice direttori e semplici redattori additati come bersagli. Le liste di proscrizione, ancora una volta. Compaiono ovunque: sui quotidiani progressisti fioccano articoli con tanto di nomi e cognomi. Si scava nel passato. Qualsiasi articolo, qualsiasi tweet. Tutti sotto processo. «Metodi e retoriche fasciste», l'accusa.

Il primo a puntare il dito è stato appunto l'autore di Gomorra. Durante l'orazione funebre ha parlato di «continui attacchi organizzati, dossieraggio, pressione mediatica, orrore dei populisti che si accanivano» sulla Murgia. L'hanno «attaccata sistematicamente - ha detto dall'altare - con il solo scopo di intimidire chiunque decidesse di esporsi. E hanno fatto credere, spargendo infamia, che fossimo noi a diffondere odio, noi che abbiamo invece deciso di reagire con fermezza a tutto questo». Un vero e proprio comizio, in perfetto stile Saviano. Niente di nuovo. Ma, quando gli facciamo notare che quella, più che un'orazione funebre, ci sembrava l'ennesima invettiva contro le destre, ecco che i «figli d'anima» della Murgia passano all'attacco mostrando i denti ferini. Su Twitter, in primis, dove la scrittrice Chiara Valerio accusa i «giornali di regime» di «temere la piazza dove garrivano bandiere italiane, bandiere arcobaleno e palloncini unicorno». E poi nella lettera pubblicata ieri sul Corriere della Sera in cui, insieme al marito Lorenzo Terenzi, la «famiglia queer» si dice offesa perché certa stampa ha osato ledere la maestà di Saviano. «Non denunciare con disgusto questa infamia sarebbe come uccidere Michela di nuovo», hanno scritto. «E siamo pronti a denunciare le altre infamie che verranno. E, con il coraggio che Michela ci ha insegnato, ci auguriamo che molte e molti siano con noi e con Roberto». Più che una promessa, suona come una minaccia.

E, infatti, sono già fioccate le prime liste di proscrizione. Qualche nome l'ha fatto la Stampa, sentendosi in dovere di mettere all'indice quei direttori e quegli «opinionisti populsovranisti» che, «per ragioni al medesimo tempo ideologiche e di lucrativo marketing-editoriale», fanno male al Paese gettandolo in «un clima di opinione sempre più estremo e radicalizzato». La lista più completa, però, si trova sul Domani. Articoli e post, c'è un po' di tutto. Dal 2013 ad oggi. Tra i vari capi d'accusa che il quotidiano dell'Ingegnere inchioda addosso a noi del Giornale c'è persino l'aver criticato la Murgia quando, in difesa di Saviano, aveva detto che dare della bastarda a Giorgia Meloni era fare cultura.

Ecco dunque che, ancora una volta, si svela la malsana idea di democrazia di Saviano e degli eredi della Murgia (che poi era la stessa idea della scrittrice): schiacciare il nemico, l'avversario o, più semplicemente, chi la pensa diversamente o anche solo non fa parte della cricca. La cricca dei «figli d'anima», come li aveva appunto battezzati lei e che ora sono pronti a sostituirla nel dare la caccia a noi lupi, a noi «squadristi dell'informazione».

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