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L'Italia delle "zone franche", evitate anche dalle procure

Da Caivano all'hotel occupato a Firenze, le terre di nessuno trascurate dai pm dove prosperano i clan

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Zone franche, Stato assente, illegalità che prospera. Le storie come quella del Parco Verde di Caivano o come le altre che ilGiornale ha raccontato ieri, in una mappa del tutto parziale dei pezzi d'Italia sottratti al controllo dello Stato, crescono talvolta anche grazie alla miopia selettiva della magistratura. Che non sempre si accorge, o vuole accorgersi, di queste sacche di degrado, che lasciano spazio alla criminalità.

Restiamo alla storiaccia di Caivano, e alla promessa del premier di «riconquistare» quella zona franca e di bonificarla. Il Parco Verde rientra nella giurisdizione della procura Area Nord di Napoli. Un ufficio inquirente nato solo dieci anni fa, nel 2013, che ha ereditato migliaia di fascicoli dalla più importante procura di Napoli e che ha subito dovuto fare i conti con un ostacolo logistico non da poco: il territorio di riferimento, immenso, sparso tra due province, quella settentrionale di Napoli e quella di Caserta. A guidarla arriva Francesco Greco, per anni pm di frontiera nella lotta contro il clan dei Casalesi, che sbarca qui quando ormai è alle soglie della pensione. Ma sarebbe ingeneroso addebitare a Greco l'abbandono di Caivano e della periferia Nord di Napoli, una vergogna che nasce ben prima. Fino al 2013 quella «zona franca» rientrava nella giurisdizione della procura di Napoli, ma i risultati non erano migliori. Negli uffici giudiziari del centro direzionale ci si concentrava su inchieste a forte impatto mediatico: Berlusconi, la Renzi Family per il caso Consip o la P4. Inchieste di pm-star, come Henry John Woodcock, divenuti celebri proprio grazie alla risonanza delle indagini condotte. Di contro, la procura partenopea ha spesso trascurato le sacche di degrado e criminalità che proliferavano in una provincia difficile e che faceva meno notizia. Oggi la patata bollente, come detto, è passata alla procura Area Nord, adesso guidata da Maria Antonietta Troncone, a lungo vice del'ex pm anticamorra e procuratore capo a Nola, Paolo Mancuso, oggi presidente del Pd a Napoli.

Altra storia illuminante è quella dell'hotel Astor di Firenze, quello dal quale è scomparsa la piccola Kataleya Alvarez e che era stato occupato abusivamente alla fine del 2022, sottratto ai legittimi proprietari e finito in mano a un racket di sudamericani che affittava abusivamente gli alloggi ad altri stranieri. Il tutto senza che nessuno disturbasse gli affari illeciti che si svolgevano nell'hotel, mese dopo mese, nonostante incidenti, gente che volava dalle finestre, traffici loschi. Lo sgombero è arrivato solo dopo il rapimento della bimba, tra lo sconcerto generale, le accuse dell'opposizione in Comune, le interrogazioni di Renzi sulla colpevole inerzia della procura e la precisazione dello stesso sindaco Nardella di aver chiesto per mesi, e invano, che qualcuno intervenisse. Anche perché, se le toghe si fossero mosse per tempo, la piccola Kata vivrebbe ancora con i suoi genitori, lontano da quell'hotel «zona franca».

Ma le zone franche sono zone d'ombra, e indagare su di esse non porta sufficiente luce ai magistrati. Anche a Torino non mancano le aree abbandonate dallo Stato: ieri abbiamo detto dei minorenni di Borgo Vittoria che avevano scagliato una bici su un ragazzo di Palermo mandandolo in coma, ma sono tante le zone sulle quali i residenti sollevano l'allarme, da Porta Palazzo al parco di via Calabria, da piazza Crispi al Parco Dora. La procura di Torino, però, alla lotta al degrado e alla microcriminalità sembra preferire battaglie più ideologiche, anche più visibili.

Come l'ultima inchiesta sullo smog, appena chiusa, che vede rischiare il processo per inquinamento ambientale colposo di ben tre ex sindaci: Appendino, Fassino e Chiamparino.

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