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"L'Italia non può dare l'immagine di un Paese che bastona le imprese"

Il viceministro di Fi: "Bisogna capire perché le aziende se ne vanno"

"L'Italia non può dare l'immagine di un Paese che bastona le imprese"

Dopo l'ondata di indignazione per i licenziamenti via Whatsapp delle multinazionali, il decreto anti-delocalizzazioni è rapidamente rientrato nei ranghi della dialettica politica. La logica punitiva contestata da Carlo Bonomi e sulla quale anche il ministro dello Sviluppo Economico, il leghista Giancarlo Giorgetti, ha fatto calare un pesante silenzio, è stata già smussata. E secondo il viceministro di Forza Italia Gilberto Pichetto Fratin sarebbero altre le priorità.

Professore, che idea si è fatto?

«Premetto che le valutazioni le lascio alla collega viceministra M5s dello Sviluppo Alessandra Todde sempre in prima fila sul fronte delle crisi industriali. Confido solo che trovi un percorso che sia più positivo rispetto al sistema economico italiano».

Che cosa intende dire?

«Che non possiamo dare l'immagine di un Paese che vuole bastonare le sue aziende. Credo che se un'impresa delocalizza bisogna andare prima a vedere il perché lo fa. Vi sono situazioni nelle quali non esiste più speranza per un determinato prodotto in Italia e allora se l'unica sede è in Italia si cerca di guardare altrove. Si chiama fare impresa».

Anche se sono in gioco posti di lavoro?

«Ci sono già cure di accompagnamento e welfare per quello. Dobbiamo fare scelte nell'ambito Unione europea nella quale ci troviamo. Non è che l'Ue è buona quando ci dà i soldi e cattiva negli altri casi».

Cosa intende?

«Dico solo di non lasciarci travolgere da condizioni di emotività che vanno a ridisegnare norme di legge su un caso specifico. È un ragionamento che faccio come partito che fa parte della maggioranza di governo. Poi valuteremo il testo finale e se si farà questo provvedimento che non considero prioritario».

Che posizione ha Forza Italia?

«Non siamo pregiudizialmente contro tutto ma attenti alla libertà d'impresa. Forza Italia mette le mani avanti ma non faremo muro a tutti i costi. Siamo disponibili alla mediazione e al dialogo ma anche molto critici e preferiremo valutazioni di altra natura, ad esempio per un welfare più inclusivo, politiche del lavoro più importanti al fine di aumentare la nostra ricchezza. Soprattutto all'estero. Chiediamoci perché siamo tra i grandi Paesi il meno attrattivo di tutti: giustizia civile, fisco, burocrazia, questi sono i temi di cui occuparci».

Vi siete avvicinati alle idee di Bonomi.

«Sicuramente. Forza Italia si avvicina alle idee dei sindacati quando lottano per la stessa bandiera. Non si può impedire la libertà d'impresa, ricordiamocelo sempre. Piuttosto va accresciuta per creare più occupazione e ricchezza. È questa la sfida e la bandiera di Forza Italia».

E chi licenza su Whatsapp?

«Nessuno vuole licenziamenti su Whatsapp, un minimo di percorsi di garanzia devono esserci, siamo d'accordo tutti. Ci sono già strumenti di punizione contro chi adotta queste pratiche e chi prende contributi pubblici e poi delocalizza».

Ma poi sono 30 anni che si parla di delocalizzazioni.

«Esatto. E oggi si delocalizza per altre ragioni rispetto a quelle degli anni Novanta. Le prime delocalizzazioni erano tutte dovute al costo del lavoro, oggi si delocalizza per ragioni di opportunità su un prodotto, ad esempio. È il consumo che decide la produzione. Ci sono produzioni che sono a fine vita e se non vengono portate altrove le imprese muoiono».

E allora come si fa?

«La nostra sfida è di renderci competitivi nei confronti degli altri Paesi e ciò non si ottiene con una legge ma con una serie di comportamenti, una riforma fiscale seria e una riforma degli ammortizzatori a lungo termine. Non è possibile pretendere di evitare le chiusure e nazionalizzare tutto.

L'Unione Sovietica è finita da tempo, per fortuna».

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