Guerra in Ucraina

L'ultimo sacrificio di Vitaly, dal ring alla trincea. La strage dei 262 atleti ucraini morti per la patria

Già ferito, il kickboxer 4 volte campione del mondo. Merinov era tornato al fronte

L'ultimo sacrificio di Vitaly, dal ring alla trincea. La strage dei 262 atleti ucraini morti per la patria

Di battaglie ne aveva vinte tante. Sul ring Vitaly Merinov aveva affrontato avversari fortissimi, guadagnando per quattro volte il titolo di campione del mondo di kickboxing.

Ma l'ultima, quella per difendere la sua Ucraina, gli è costata la vita. L'atleta, che combatteva al fronte, è morto il 31 marzo per le ferite riportate durante gli scontri.

Merinov aveva alle spalle un passato glorioso, fatto di medaglie e coppe, ed era riuscito a strappare il titolo più importante per quattro volte. Era rispettato e amato non solo dai suoi connazionali, anche dagli atleti avversari, per l'indiscussa correttezza e professionalità.

Poi era scoppiata la guerra e aveva deciso di schierarsi per proteggere la sua patria. Si era unito all'esercito ucraino come volontario subito dopo l'invasione da parte della Russia, senza pensarci troppo, abbandonando il ring, gli incontri e la gloria. Era stato ferito una volta e poi di nuovo qualche mese fa, quando era stato raggiunto da diverse schegge di arma da fuoco alla gamba durante una delle cruente battaglie, ma si era ripreso ed era tornato al fronte.

Non è chiaro dove sia stato ferito, ma si trovava a combattere in prima linea nella regione di Luhansk. È stato portato nuovamente in ospedale. Questa volta le sue condizioni sono apparse subito disperate e poche ore dopo Merinov è morto. La notizia è stata data da Ruslan Martsynkiv, il sindaco della città di Ivano-Frankivsk, dove l'atleta era originario. «Sincere condoglianze alla famiglia e ai propri cari. Memoria eterna all'Eroe!», ha commentato in un tweet il primo cittadino. Il campione lascia la moglie e una figlia di due anni.

Il 10 marzo scorso aveva perso la vita nella regione di Luhansk il 22enne Maksym Galinichev, promessa emergente del pugilato, con due medaglie d'oro vinte ai Campionati Europei Giovanili del 2017 e del 2018, anno in cui aveva partecipato anche alle Olimpiadi estive della gioventù. Galinichev nella primavera scorsa si era rifiutato di partecipare al campionato europeo di boxe, scegliendo di arruolarsi nelle truppe d'assalto aviotrasportate. Anche lui ha sacrificato la vita per il suo popolo, come il pattinatore, Dmytro Sharpar, ucciso in combattimento vicino a Bakhmut, e Volodymyr Androshchuk, campione di decathlon 22enne, che puntava alle Olimpiadi.

Sono 262 gli atleti ucraini morti dall'inizio dell'invasione Russa e sono 363 le strutture sportive distrutte nel paese. Lo ha sottolineato ieri il ministro per lo Sport del governo di Kiev, Vadym Huttsait, incontrando il presidente della Federazione Internazionale di Ginnastica, Morinari Watanabe, e chiedendo che nessun atleta russo venga ammesso a partecipare alle Olimpiadi o altre competizioni sportive. «Tutti appoggiano questa guerra e partecipano a eventi organizzati in suo sostegno», ha aggiunto, secondo quanto riporta una trascrizione postata sul sito web della presidenza ucraina.

L'Ucraina già due giorni fa ha vietato ai suoi atleti di prendere parte alle qualificazioni per i Giochi di Parigi del 2024, qualora dovessero competere contro i russi, ma non ha ancora deciso in merito alla loro partecipazione alle Olimpiadi stesse.

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