Cronache

La modella inglese rapita ringrazia i poliziotti in tv «Liberata da un incubo»

Chloe Ayling, 20 anni, per giorni nelle mani del 30enne polacco racconta la sua prigionia

La modella inglese rapita ringrazia i poliziotti in tv «Liberata da un incubo»

Bellissima, sensuale, due occhi che si confondono tra lo sguardo di un cerbiatto e quelli di una tigre. Lei, la modella rapita dal polacco Herba Lukasz Pawel, sedicente membro del «Black Death group», adesso sfrutta una popolarità di cui una vittima, potrebbe, forse dovrebbe fare a meno. Portata in un finto set cinematografico a Milano poi drogata, ammanettata, segregata in un casetta sperduta sulle Alpi piemontesi in cambio di un riscatto mai pagato, adesso si mostra alle tv. E parla, racconta, ricorda i particolari di questa storia che ora dopo ora sembra sempre più distonica. Quasi inverosimile. Lei, a 20 anni, già madre di un bimbo di due, arrivata nel capoluogo lombardo per un servizio fotografico ma sequestrata, imbottita di ketamina (la droga dei cavalli, ndr) e messa in vendita sul web.

Si presenta con nome e cognome, nonostante la polizia milanese avesse cercato fino a ieri di proteggerla in ogni modo, evitando di fornire ogni dettaglio che potesse farla riconoscere. È tornata ieri a casa in Inghilterra, accompagnata dagli investigatori che erano arrivati in Italia per «salvarla, Chloe Ayling, questo il suo nome. Tanto affascinante quanto pronta alle telecamere. Non si è sottratta, anzi si presenta quasi da diva, al Tg1 che l'ha raggiunta. Ringrazia la polizia italiana e i suoi compatrioti che l'hanno liberata da un incubo durato sei giorni. «Ho subito un'esperienza terribile - esordisce -. Ho temuto per la mia vita minuto per minuto. Sono infinitamente grata alla polizia italiana e a quella britannica per avermi salvato. Hanno lavorato giorno e notte per trovarmi». A qualcun altro aveva già raccontato che i sequestratori fossero almeno cinque, che nessuno le ha mai fatto del male. Poi ha aggiunto davanti ai microfoni Rai di non poter dire di più a causa delle indagini ancora in corso.

Chloe spiega di essere «ancora molto spaventata dall'essere finita nelle grinfie di qualcuno che le ha parlato a nome dei Black Death. «Mi è stato fatto capire che l'organizzazione è strutturata su venti livelli gerarchici e tratta a pagamento una serie di crimini, dalla droga agli omicidi, operando sul cosiddetto deep web», aveva raccontato ai nostri investigatori.

Il polacco è finito in manette dopo che l'aveva addirittura accompagnata a fare acquisti in centro, a prendere un gelato prima di «scortarla» fino al consolato britannico. Dove lo hanno arrestato. E gli altri, i complici: dove sono, chi sono?

Lui sarebbe decisamente uno stolto ingenuo, ammesso che questa storia sia andata veramente così. Tanti, troppi particolari, stridono a cominciari dall'enfasi data alla vicenda da parte delle autorità. Si è aperto il capitolo di una storia mostrusosa, col lieto fine senza però dare una risposta coerente.

Un «the end» accettabile. A cominciare da una domanda che gli investigatori della squadra Mobile rivolgono all'improvviso ad Chloe, causandole lacrime copiose: «Ma non le sembra strano andare a comprare delle scarpe con il suo rapitore?».

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