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Morra grillino pentito. Pretende gli arretrati del gettone Antimafia

L'ex M5s si fa ridare 1.300 euro al mese cui aveva rinunciato: "Non ho l'addetto stampa"

Morra grillino pentito. Pretende gli arretrati del gettone Antimafia

Il fuoco amico fa più male. Quando il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra si è visto irridere sul Fatto quotidiano si è risentito, povero. La sua colpa? Aver chiesto (con gli arretrati) qualche spicciolo in più: 1.300 euro per ogni mese come indennità di funzione cui prima rinunciava. D'altronde, il bollettino del verbo grillino ti risparmia finché sei dalla parte giusta, quella di Giuseppe Conte. «Dal Fatto nessuno mi ha chiamato», si lamenta l'ex M5s su Facebook, che blatera della necessità di avere «un giornalista addetto stampa che comunichi il lavoro fatto dalla commissione». Sì, ma quale? La classica inutile sequela di «impresentabili»? Dove sono «gli ulteriori strumenti di contrasto al fenomeno mafioso» promessi?

Nel frattempo i boss se la ridono. La 'ndrangheta fa il bello e il cattivo tempo in Calabria, alcuni faccendieri riciclano 500 miliardi in bitcoin da un conto in Germania a una banca malese attraverso chiavette Usb e Iban «protetti» (ne parlerà stasera Report) dando del tu ai narcotrafficanti colombiani, ai trader dei paradisi fiscali e agli hacker e alle cyberspie che ne cancellano le tracce, mentre camorra e mafia lucrano sui migranti e calpestano i sogni delle giovani paranze, mandandole a spacciare davanti a scuola o a sparare e morire per difendere il territorio, neanche fossimo sul Piave cento anni fa.

Ma per (Go)Morra è più importante fare antimafia solo sulle agenzie di stampa e sui social, farsi invitare dalla Rai a parlar male dei morti (la partecipazione a Titolo V poi è saltata), accostare la «devozione» cattolica dei calabresi alla simbologia religiosa dei mafiosi, fare da whistleblower registrando a casa sua un indagato e girando l'audio a un pm poi diventato consulente dell'Antimafia, scambiarsi whatsapp sui guai giudiziari di un medico con l'ex commissario straordinario dell'Asp di Cosenza Giuseppe Zuccatelli, finito poi indagato dalla Procura della Repubblica di Cosenza proprio per rivelazione di segreti di ufficio. Durante la primissima fase vaccinale aveva preteso «gli elenchi dei nominativi vaccinati ricadenti nella categoria altro di Sicilia, Calabria, Campania e Valle d'Aosta» a caccia di furbetti. Non pervenuti. Nel frattempo si catapultava in un blitz nella stessa Asp cosentina - suo collegio elettorale, ovviamente - urlando «incapaci!» ai medici colpevoli (uno dei quali ha avuto un malore...) di non aver ancora vaccinato due suoi parenti ultraottantenni e chiedendo agli agenti di scorta di identificarli. Quando gli hanno chiesto conto della sfuriata ha detto: «I partiti si sono mangiati la sanità calabrese e il problema sarei io?». In effetti...

Dentro la commissione il clima ormai è pessimo. Alcune sue sparate sulla governatrice della Calabria Jole Santelli («l'hanno votata sapendo che era malata terminale») hanno fatto infuriare i malati oncologici e scavato un solco interno per la rappresaglia dei componenti di centrodestra e Italia Viva che ne chiedono da mesi le dimissioni, tanto che persino il placido Franco Mirabelli del Pd lo ha richiamato a «comportamenti che garantiscano la credibilità della commissione». Lui l'ha capito bene, infatti l'altro giorno ha detto - senza documentare alcunché - che «la mafia non è nelle periferie degradate ma nelle Prefetture, al ministero dell'Ambiente e tra i colletti bianchi». Neanche stavolta è stato compreso, povero Morra.

Gli serve veramente un addetto stampa.

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