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Il museo si scusa con la famiglia del gerarca per le bugie sul colonialismo in Somalia

I pannelli espositivi accusavano di schiavismo il governatore De Vecchi. "Una svista"

Il museo si scusa con la famiglia del gerarca per le bugie sul colonialismo in Somalia

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«È stata una svista». Adesso fa il mea culpa e porge le scuse la direzione dei Musei Reali di Torino per gli errori (e le mistificazioni) denunciati sul Giornale dal saggista Alberto Alpozzi in merito alla mostra sul colonialismo italiano in Africa. In particolare, si garantisce che sarà modificato il pannello che accusa l'allora governatore della Somalia Cesare De Vecchi di Val Cismon di aver perpetrato lo schiavismo; un'accusa che ha fatto sobbalzare Giorgio De Vecchi, pronipote di colui che fu uno dei quadrumviri della marcia su Roma e a cui la direttrice del Museo ha chiesto scuse formali. «Il pannello descrive il mio bisnonno come un uomo che ricorreva a punizioni corporali e lavoro coatto, mentre era vero esattamente il contrario - ha commentato De Vecchi - Prendo atto delle scuse della direttrice Pagella, non era scontato...».

Tutto a posto, quindi? Mica tanto, visto che le mistificazioni sul colonialismo in Somalia permangono, anche più dettagliate, sulle pagine del catalogo della mostra. Altro che svista. Inoltre, come già denunciato da Alpozzi su queste pagine, l'esposizione su Le collezioni dimenticate sarebbe infarcita di inesattezze e omissioni messe a punto al solo scopo di dipingere l'azione italiana in Africa come violenta, sfruttatrice e predatoria. «Una di queste omissioni - sottolinea Alpozzi - è nel video in mostra sul Villaggio Duca degli Abruzzi in Somalia, tagliato ad arte nei punti in cui i lavoratori locali vengono pagati dagli italiani per il lavoro svolto». Lavoratori, quindi, e non schiavi. Quel video è stato fornito dall'Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza (ANCR), lo stesso archivio che figura tra i promotori dell'omaggio allo storico ex partigiano Angelo Del Boca in programma proprio oggi al Polo del '900 a corollario della mostra. «Del Boca, con il suo testo Gli italiani in Africa orientale, è stato il principale artefice delle mistificazioni ideologiche sul colonialismo italiano e la fonte primaria di quei pannelli in mostra - continua Alpozzi - e il convegno di oggi in sua memoria andrebbe, per delicatezza, quantomeno sospeso. Ma l'organizzatrice Cecilia Pennacini non ne vuole saperne...». Il florilegio di «errori» e «dimenticanze», si diceva, non si ferma alle accuse di schiavismo. Basti pensare alla sezione in cui l'Italia viene coinvolta nella barbarie belga in Congo, affiancando i nomi dei nostri tecnici, che prestarono la loro professionalità in ambito ferroviario al regno di Leopoldo II, alle foto di donne e bambini con le mani mozzate. Oppure al mistificato ruolo del primo governatore della Somalia Vincenzo Filonardi, che nel 1893 liberò i primi schiavi, e di cui la mostra «dimentica» gli accordi di protettorato sottoscritti dietro pagamento di un canone annuo.

Oppure all'omissione, nella sezione sull'Indipendenza africana del 1960, dell'«Amministrazione fiduciaria italiana della Somalia» che fu l'unico caso di decolonizzazione pacifica da parte di uno Stato europeo.

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