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"Per la nave sequestrata erano pronti i tiratori scelti". Ma i pm ora minimizzano.

Sono le quattordici di venerdì, nella acque internazionali cento miglia a ovest di Ischia va in atto l'intervento dei reparti speciali della Marina per raggiungere la Galata Seaways, il cargo turco che ha lanciato l'allarme dirottamento ad opera di un gruppo di clandestini a bordo.

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«E sull'altro elicottero c'era il comandante con i tiratori scelti che tenevano sotto tiro il ponte della nave per coprire la squadra se i malintenzionati fossero usciti allo scoperto». Sono le quattordici di venerdì, nella acque internazionali cento miglia a ovest di Ischia va in atto l'intervento dei reparti speciali della Marina per raggiungere la Galata Seaways, il cargo turco che ha lanciato l'allarme dirottamento ad opera di un gruppo di clandestini a bordo. Dodici fucilieri di marina armati fino ai denti si calano da un elicottero NH90 Leonardo sulla prua della nave: obiettivo, riprendere il controllo dell'imbarcazione, bloccare sul nascere una situazione dalle conseguenze imprevedibili. Dal comando della Squadra Navale, i fucilieri hanno avuto un ordine preciso: «Fate in fretta».

Adesso che la Procura di Napoli sembra voler minimizzare l'episodio, riservando un trattamento soft ai migranti sbarcati a Napoli dopo l'incursione della Brigata Marina «San Marco», per capire cosa è accaduto davvero nelle due ore convulse dell'altro ieri conviene affidarsi alle parole dell'uomo che ha diretto tutta l'operazione: Massimiliano Grazioso, il contrammiraglio che comanda la «San Marco». É lui a descrivere nei dettagli l'intervento che ha portato a riprendere il controllo della nave, con un racconto che conferma la serietà con cui dai vertici della Marina è stata presa la minaccia portata dai quindici dirottatori. A fronte dell'allarme lanciato dal comandante della Galata Seawyas sono scattate le stesse procedure d'emergenza previste contro gli attacchi terroristici.

«Le informazioni ricevute intorno a mezzogiorno dal comando - racconta Graziano - ci allertavano per un intervento su una nave turca sequestrata dai clandestini a bordo. Non essendo presenti unità militari nella zona abbiamo deciso di intervenire con due elicotteri del Secondo reggimento, specializzato in attività di interdizione a bordo». Poco dopo le 13 i due NH90 partono dalla caserma Carlotto di Brindisi in direzione del punto localizzato dalla Squadra Navale nel cuore del Tirreno. Viaggio diretto senza rifornimento in volo, «perchè l'ordine era di intervenire il prima possibile per impedire che i clandestini si organizzassero».

«Le informazioni - racconta il comandante - dicevano che non erano segnalate armi da fuoco in possesso dei clandestini». Ma il dispositivo si muove comunque sui criteri del «massimo rischio». «Dal primo elicottero l'unità è calata utilizzando i fast rope, i cavi rapidi che noi chiamiamo barbettoni, mentre dall'altro NH90 i tiratori scelti li coprivano con i fucili di precisione. Dalla prua la squadra si è mossa verso poppa con tre obiettivi: prende il controllo della plancia di comando, impadronirsi della sala macchine, localizzare i malintenzionati. A quel punto dal secondo NH90 sono scesi con i fast rope anche il comandante, il tenente di vascello Canepa, e i tre tiratori scelti, e gli elicotteri sono tornati a fare rifornimento a Grazzanise». Da quel momento i fucilieri sono da soli in mezzo al mare, sulla nave dove non ci capisce chi comandi. L'incertezza dura poco: «Dalla plancia abbiamo localizzato i clandestini attraverso le telecamere di sicurezza. Li abbiamo raggiunti e non hanno fatto resistenza».

Nel porto di Napoli, la squadra del San Marco consegna i quindici catturati sulla Galata Seaways alla Guardia di finanza, che inizia gli interrogatori su ordine della procura della Repubblica. Sono un iraniano, quattro siriani e nove iracheni, saliti a bordo nascosti su alcuni camion.

Perché siano usciti allo scoperto invece di attendere sui camion l'arrivo nel porto francese di Setè non è chiarissimo, di certo è che gli inquirenti napoletani accettano le loro spiegazioni e non li arrestano, solo per tre arriva la denuncia a piede libero per il porto di alcuni coltelli: sono gli arnesi che secondo i clandestini servivano a tagliare i teloni dei camion, e che invece il comandante del cargo ha visto in mano ai profughi quando se li è trovati davanti, e che lo ha spinto a rifugiarsi in plancia e a lanciare l'allarme.

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