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"Nel 2225 nascerà l'ultimo degli italiani"

Culle sempre più vuote: solo 379mila nuovi arrivi, molti figli unici. Scende il numero delle donne

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«Se andiamo avanti così, nel 2225 nascerà l'ultimo italiano» decretano i ginecologi. Profezia di pessimisti? Mica tanto. La tendenza è quella di fare sempre meno figli. Certo, l'orologio biologico scatta tardi, i problemi di infertilità aumentano, il lavoro è sempre più precario e via.

Fatto sta che le culle sono sempre più vuote. I nati residenti in Italia sono 379mila, con un tasso di natalità pari al 6,4 per mille (era 6,7 per mille nel 2022). La diminuzione delle nascite rispetto al 2022 è di 14mila unità (-3,6%). Dal 2008, ultimo anno in cui si è assistito in Italia a un aumento delle nascite, il calo è di 197mila unità (-34,2%). Lo dice l'Istat nel report sugli indicatori demografici. La riduzione della natalità riguarda indistintamente nati di cittadinanza italiana e straniera. Questi ultimi, pari al 13,3% del totale dei neonati, sono 50mila, 3mila in meno rispetto al 2022.

«Si perderà l'equivalente dell'attuale intera popolazione del Mezzogiorno se non si interviene con tempestività, progettazione di lungo periodo ed ingenti risorse. Serve un piano choc - sostiene Adriano Bordignon, presidente del Forum nazionale delle associazioni familiari - I dati ci dicono che la potenziale forza lavoro si dimezzerà, così come i giovani ed esploderà la componente anziana, con i 'grandi vecchi' che quasi triplicheranno».

Al di là della precarietà delle coppie e degli stipendi bassi, cosa c'è dietro al crollo delle nascite? L'Istat rileva un calo della popolazione femminile, scesa a 11,5 milioni al primo gennaio 2024, da 13,8 milioni che era nel 2004.

Il numero medio di figli per donna scende da 1,24 nel 2022 a 1,20 nel 2023, avvicinandosi di molto al minimo storico di 1,19 figli registrato nel lontano 1995.

Il costo della vita fa registrare ancora meno nati al Nord. Ma dietro questi numeri c'è anche un aspetto «di vecchia data». Dopo il baby boom italiano, c'è stato un calo di neonati. Di fatto, ci sono meno genitori e quindi i numeri non possono migliorare in tempi rapidi.

Passata la pandemia, a cui si devono attribuire parte delle irregolari variazioni congiunturali rilevate nelle statistiche, la discesa della fecondità sembra riprendere ovunque, accompagnata da una rinnovata spinta alla posticipazione.

Nord e mezzogiorno, dopo aver registrato lo stesso livello di fecondità nel 2022, si discostano nuovamente. Il mezzogiorno, dopo venti anni, torna ad avere una fecondità superiore a quella del centro-nord. Non è nemmeno di supporto alla natalità, almeno non più come un tempo, l'andamento dei matrimoni, 183mila nel 2023 (-6mila sul 2022). Tra questi risultano in forte riduzione quelli celebrati con rito religioso (-8mila) mentre aumentano quelli celebrati con rito civile (+2mila).

Il calo dei bebè si riflette anche sulla sanità: solo il 44% delle strutture è sopra la soglia minima di parti all'anno (500) per poter tenere aperto in base ai dati raccolti dalla piattaforma digitale Micuro.

Nella mappatura di Micuro rientrano anche altre casistiche, indicative di una situazione preoccupante dal punto di vista dei volumi dei parti naturali.

In relazione al totale dei 581 punti nascita, la quota di quelli che sono rimasti sempre sotto soglia negli ultimi cinque anni sfiora il 10% (9,8%), a dimostrazione del perdurare di una situazione di stallo gravosa da più punti di vista.

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