Guerra in Ucraina

Il "New York Times" e le accuse a Trump: accordo con Putin per l'Ucraina ai russi

Nel 2016 il leader del Cremlino avrebbe promesso di influenzare le elezioni Usa in cambio del supporto al "piano Mariupol"

Il "New York Times" e le accuse a Trump: accordo con Putin per l'Ucraina ai russi

Un nesso diretto tra il Russiagate e l'invasione russa dell'Ucraina. A pochi giorni dalle cruciali elezioni di medio termine il New York Times lancia un'accusa di portata devastante: le interferenze di Putin nelle presidenziali del 2016 vinte dallo spregiudicato outsider Donald Trump sulla favorita candidata democratica Hillary Clinton sarebbero state in primo luogo finalizzate a ottenere, per il tramite del nuovo presidente americano, un sostanziale via libera da Washington a una guerra d'aggressione contro un Paese libero e indipendente che guardava con speranza all'Occidente.

Il giornale filodemocratico newyorkese dedica alla delicatissima questione, che unisce aspetti scottanti di politica estera dello scorso decennio con la drammatica attualità di un conflitto in Europa e con le roventi polemiche elettorali di questo autunno del 2022, un articolo di straordinaria lunghezza e densità. Vi viene raccolta, insieme con le informazioni ricavate da interviste con una cinquantina di personaggi negli Stati Uniti e in Ucraina, la sintesi di centinaia di pagine di documenti dell'indagine condotta dal super procuratore Robert Mueller sui sospetti rapporti di Trump con Vladimir Putin, dei documenti prodotti dalla commissione intelligence del Senato e delle udienze dedicate alla richiesta di impeachment del presidente repubblicano.

Il racconto del New York Times è costruito come un complesso giallo, nel quale viene indicata un'anima nera nella persona di Paul Manafort, che fu presidente della campagna di Donald Trump, in combutta con un ambiguo socio russo, Konstantin Kilimnik, rivelatosi poi un agente del Cremlino. Lo stesso giornale riconosce che l'assalto alla democrazia americana conclusosi effettivamente con l'inattesa vittoria di Trump e condotto attraverso hackeraggi russi contro il partito democratico e la sua candidata alla presidenza non conseguì i risultati che Putin si era prefisso: il sistema politico degli States ha tenuto (anche se è stato sottoposto a contraccolpi drammatici, basti pensare all'inaudito assalto a Capitol Hill del 6 gennaio del 2021 con la sostanziale e ancor più inaudita complicità del presidente in carica), e lo stesso si può ben dire della democrazia ucraina. È tuttavia un fatto che il patto diabolico che viene suggerito tra Putin e Trump (un aiuto decisivo per vincere le elezioni in cambio di un assenso a un futuro attacco russo al Sud dell'Ucraina) abbia in seguito incoraggiato il dittatore russo a scatenare una guerra in Europa con l'effettiva conquista di quei territori.

La ricostruzione parte dalla data del 28 luglio 2016. Hillary Clinton stava ricevendo a Philadelphia la nomination democratica, che secondo i sondaggi avrebbe dovuto portarla in novembre a diventare la prima presidente donna degli Stati Uniti. Ma Putin aveva altri piani: quella sera, Manafort ricevette da Kilimnik la richiesta di un incontro urgentissimo. Il faccia a faccia, subito accordato, ebbe luogo nella Grand Havana Room, in cima a una torre di Manhattan di proprietà del genero di Trump Jared Kushner. Il socio russo propose a Manafort qualcosa di veramente forte: un «piano Mariupol», che si sostanziava nella creazione di una Repubblica autonoma filorussa nel Sud-Est dell'Ucraina (da affidare a quell'ex presidente Viktor Yanukovich che due anni prima era stato deposto dalla rivolta Euromaidan e per il quale Manafort lavorava come lobbista) in cambio della fine del conflitto che stava insanguinando il Donbass ucraino.

Il New York Times sostiene che Trump ammiratore dello stile autocratico di Putin - avrebbe dato disponibilità a sostenere questo piano, che era un tradimento dei principi americani di sostegno alle democrazie, in cambio di un assai opaco aiuto da parte russa per vincere le presidenziali, e che Kilimnik ci credette.

Manafort, che nel 2018 è stato condannato per frodi fiscali e ha cominciato a collaborare con la giustizia, non esitò a informare quello che poi si rivelò un agente del Cremlino dei sondaggi negli Stati Usa contendibili, fornendo così elementi preziosi per un attacco alla democrazia americana che grida ancor oggi vendetta.

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