Politica estera

"No" di Londra alla libertà di movimento chiesta dall'Ue

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"No" di Londra alla libertà di movimento chiesta dall'Ue

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La Brexit è l'elefante nel corridoio chiamato Regno Unito: anche se molti britannici in cuor loro maledicono il giorno di otto anni fa in cui venne votata, nessuno più pensa sia un'opzione quella di tornare indietro, e anzi meno se ne parla e meglio è. E così anche parziali retromarce come la proposta della Commissione Europea di favorire la mobilità per i cittadini tra i 18 ei 30 anni tra Europa e Regno Unito, naufragano nella scelta da parte dei sudditi di sua maestà di restare coerenti al divorzio con Bruxelles. «Non applicheremo il programma di mobilità giovanile per tutta l'Ue, la libertà di movimento è finita e non ci sono piani per reintrodurla», ha affermato un portavoce del governo britannico, tagliando le gambe all'idea di un'anti-Brexit «under 30». Perfino il Partito Laburista ha chiarito che non prevede cambiamenti in caso dovesse come sembra andare al governo. «Il mercato unico, l'unione doganale e la libera circolazione non torneranno», ha dichiarato un portavoce del partito alla Bbc. In questo caso l'immobilismo da parte di un partito naturalmente europeista appare giustificato sopratutto dal fatto che gli uomini di Keir Starmer sono favoritissimi nei sondaggi alle prossime elezioni che si terranno entro il 28 gennaio 2025 e non sono interessati ad aprire nuove partite che potrebbero rimescolare le intenzioni di voto.

In realtà però la resistenza a qualsiasi mitigazione degli effetti della Brexit è più di facciata che altro. Londra è infatti impegnata a negoziare Paese per Paese eventuali accordi per allentare gli ostacoli che i giovani europei incontrano da quattro anni per circolare nel Regno Unito per motivi di viaggio, studio o lavoro e viceversa. Deal di questo tipo sono stati già ratificati tra Londra e Australia, Canada e Giappone e il ministero dell'Interno, anche su suggerimento del premier Rishi Sunak, vorrebbe fare lo stesso anche con alcuni governi europei.

Insomma, l'Europa resta vicina, basta non dirlo a voce troppo alta.

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