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Tra lacci burocratici e garantismo i rimpatri dall'Italia sono quasi impossibili

Il campionario dei trucchi è ricco di episodi, talvolta piuttosto disgustosi

Tra lacci burocratici e garantismo i rimpatri dall'Italia sono quasi impossibili

Il campionario dei trucchi è ricco di episodi, talvolta piuttosto disgustosi: come quello dei trans brasiliani che arrivati all'aeroporto che doveva riportarli in patria si cosparsero dei propri escrementi, con l'ovvio risultato che il comandante del velivolo si rifiutò di prenderli a bordo. Senza arrivare a questi estremi, la difficoltà che l'Italia incontra nell'eseguire materialmente le espulsioni degli immigrati clandestini è figlia di un incrocio di espedienti, norme garantiste, e soprattutto di accordi bilaterali che - quando esistono - rendono il rimpatrio di chi è entrato illegalmente sul territorio tricolore piuttosto arduo: specie se paragonato alle prassi sbrigative attuate in altre nazioni europee, come dimostrato in queste ore dal governo francese.

Sono fragilità, quelle italiane, ben conosciute da chi nelle questure si occupa materialmente delle espulsioni dei clandestini. La più ingombrante: l'obbligo, per ogni singolo straniero identificato, di contattare la rappresentanza consolare del paese di provenienza, che a volte non risponde e spesso nega di riconoscere come proprio connazionale il clandestino. L'assenza di documenti è infatti costante, anche perchè spesso sono i diretti interessati a distruggere i passaporti per evitare il ritorno a casa.

Unica eccezione è l'Albania, che ha firmato un accordo di cooperazione che garantisce il rimpatrio senza troppe formalità dei propri cittadini. Per il resto gli accordi bilaterali sono spesso farraginosi: come nel caso della Tunisia, il paese da cui proviene una quota rilevante dei boat people che attraversano il canale di Sicilia, che accetta restituzioni solo in piccoli contingenti, a volte non più di venti uomini per volta. Riempire un charter diventa così impossibile, e l'Italia deve affidarsi agli aerei che fanno da collettori in altri paesi europei e che effettuano un ultima tappa sulla Penisola prima di arrivare a destinazione in Nordafrica. Ma è un meccanismo complicato, nel tempo in cui si riesce a imbarcarne qualche decina ne arrivano altre centinaia.

Ad ostacolare i rimpatri ci sono, affianco ai cavilli, legittime preoccupazioni umanitarie. Ai regimi dittatoriali o ai paesi senza autorità stabili e riconosciute tendenzialmente non vengono restituiti i loro cittadini in fuga. Ma di questi scrupoli italiani i migranti sono perfettamente a conoscenza, e spesso se ne approfittano per simulare rischi inesistenti o marginali. C'è chi dichiara di rischiare la vita per la sua fede cristiana, o in quanto omosessuale, o perché ricercato per motivi politici. Si tratta di argomenti difficili da verificare, e che a volte portano comunque i giudici di pace - che per legge hanno la facoltà di bloccare in diretta l'espulsione dello straniero - a accogliere la richiesta. E poi c'è il grande tema delle gravidanze, cui viene dato dall'Italia una tutela quasi integrale non solo per le madri ma anche per i presunti padri. Le donne incinte vengono accolte e tutelate, ma insieme a loro hanno diritto di asilo anche i loro partner, tanto che tra gli addetti ai lavori c'è la convinzione che spesso le gravidanze siano pianificate in funzione dello sbarco in Italia.

Per non parlare dei figli combinati con donne italiane, quasi sempre rom, che diventano una sorta di permesso di soggiorno a pagamento.

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