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Non è un Paese per filantropi

Stop alla lotteria di Stato nata per finanziare enti benefici, arte e istruzione. L'Agenzia dei monopoli: "Raccolte somme irrisorie". I biglietti venduti? Solo 6

Non è un Paese per filantropi

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La lotteria filantropica Italiana, quella che dispensa solo riconoscenza a chi fa del bene, è stato un flop. È stata bloccata prima di decollare, per tirchieria. In tutta Italia sono stati piazzati solo sei biglietti da 500 euro cadauno in sei mesi, tanto che non si è potuto né fare estrazione né collocare le somme raccolte a enti benefici del terzo settore. E quei miseri seimila euro sono stati restituiti ai rispettivi beneficiari con grande imbarazzo. Non a caso l'Agenzia dei Monopoli ha ieri diramato un comunicato in cui si parla di «cifre irrisorie» tanto da far annullare l'operazione di estrazione per mancanza di materia prima: i soldi. Una grande sconfitta che nasconde una realtà disarmante nel campo della beneficenza: chi ha di più, dà meno.

Ma andiamo con ordine. Nel 2018, una legge ha introdotto la «lotteria filantropica», finalizzata «a sollecitare donazioni di importo non inferiore a euro 500». Ma solo nel 2021 un decreto legge ha fissato un tempo (esiguo) di soli 6 mesi, da febbraio a luglio, entro il quale avviare la lotteria. L'evento è peraltro partito un po' in sordina, indirizzato soprattutto alle grandi aziende, che comunque l'hanno snobbato. Eppure avrebbe dovuto essere una novità nel panorama italiano delle lotterie. Il vincitore, ad estrazione, avrebbe avuto il privilegio di scegliere e intitolare a suo nome uno dei progetti filantropici proposti dalla Fondazione: una bella soddisfazione morale per aver fatto del bene. Invece, per quest'anno, sono sfumati i progetti previsti con gli incassi della lotteria: lotta alla povertà, all'emarginazione, alla dispersione scolastica.

E alla Fondazione si respira un clima di delusione. I sei «beneficiari eroi» che hanno scucito 500 euro per sostenere l'iniziativa sociale, sono stati ricontattati dall'amministrazione e si sono rimessi nel portafoglio i cinque bigliettoni forse un po' increduli rispetto a tanta diffusa insensibilità. Eppure alla Fondazione assicurano che i manager di 20 grandi aziende si erano mostrati interessati al progetto. Avrebbero dovuto comprare un biglietto per ogni grande commessa, invece hanno fatto cadere nel dimenticatoio i buoni propositi. Ma gli organizzatori l'anno prossimo ci riproveranno cercando di offrire una diffusione più capillare della lodevole iniziativa. Anche se i numeri non lasciano ben sperare. L'Italia non è il Paese generoso che ci piace credere. Gli italiani donano, ogni anno, poco più di 10 miliardi di euro, appena lo 0,2% dei 5 mila miliardi di euro della ricchezza finanziaria dei suoi cittadini, che sono tra quelli con il più grande patrimonio immobiliare privato in tutto il mondo. Le donazioni degli americani superano quelle dei nostri connazionali di ben 48 volte. E il paragone è solo leggermente meno impietoso se si guarda a quanto fanno inglesi, tedeschi e francesi.

I settori più sostenuti sono le emergenze sanitarie e umanitarie, la ricerca medico-scientifica, l'assistenza sociale e la lotta alla povertà. Ma sono versamenti di entità modesta, fatti per lo più da privati, anche da chi non potrebbe permetterselo. Invece, i più ricchi tra i ricchi, in proporzione sono quelli meno generosi: cedono solo lo 0,1% del loro patrimonio finanziario. Qualche esempio: la donazione mediana di un patrimonio finanziario che va dai 500 mila euro al milione di euro, è di 3376 euro, quella tra 1 e 5 milioni è di circa 4 mila euro e tra 5 e 10 milioni la donazione raggiunge solo 6800 euro.

Insomma, si può fare di più.

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