Cronache

Da via Osoppo a Venezia. Lo "spettacolo" criminale entra nella nostra Storia

Fumogeni in San Marco per una tentata rapina. Nel '58 il colpo che segnò la memoria italiana

Da via Osoppo a Venezia. Lo "spettacolo" criminale entra nella nostra Storia

In ogni lavoro, per ottenere buoni risultati, ci vuole ingegno. Anche nel campo del crimine, dove innanzitutto si deve scegliere la propria «vocazione». Ci sono gli abili e fantasiosi truffatori, come Totò che riesce a vendere la fontana di Trevi a un turista italo-americano. Ci sono quelli che usano la forza senza le armi, come quello che qualche anno fa, nel centro di Milano, scavalcò una cancellata di sicurezza e a forza di mazzate praticò un buco nella vetrina blindata di una gioielleria portandosi via un bel bottino. Poi ci sono quelli che agiscono di notte, con la lancia termica, passando dalle fogne o dagli edifici circostanti, e svuotano le cassette di sicurezza: questi ingegnosi ladri studiano il piano per mesi, usano una sofisticata tecnologia e mirano a grandi risultati. E ovviamente ci sono i classici rapinatori, che con pistole o mitra in pugno convincono banche e gioiellerie a consegnare soldi e oro.

Le grandi rapine sono rimaste nella memoria d'Italia, a partire da quella di via Osoppo, forse la prima nel nostro paese, che il 27 febbraio 1958 fruttò ai sette malviventi della «superbanda» la somma di cinquecentottanta milioni di lire (circa otto milioni di euro) senza ferire nessuno, anche se poi vennero tutti catturati, traditi dall'etichetta delle tute blu che indossavano. Un'altra famosa rapina, ma questa volta dai risvolti tragici, è quella della Banda Cavallero del 25 settembre 1967, sempre a Milano. Da tempo la banda teneva in scacco la polizia svaligiando banche sotto una spinta «politica» anarchica che vagheggiava la giustizia sociale. Quel pomeriggio, dopo aver rapinato il Banco di Napoli in largo Zandonai, i quattro dell'Apocalisse fuggirono a bordo di una Fiat 1100 D rubata seminano morte e terrore, sparando per una lunga mezz'ora sui passanti e sulle macchine per bloccare il traffico e sfuggire alla polizia che li stava inseguendo. Uccisero tre persone e ne ferirono molte altre. Riguardo a questa rapina ho un ricordo personale, impossibile da dimenticare. Nel '67 avevo dieci anni. Quel giorno, a fine pomeriggio, squillò il telefono nella nostra casa di Firenze, e andai a rispondere. Era mio nonno materno, che abitava a Milano, e chiamava spesso per parlare con sua figlia. Ma al telefono quasi non riuscii a capire cosa dicesse, balbettava, gli tremava la voce, articolava a fatica frasi sconnesse Capivo solo Paola Paola che era il nome di mia madre. Andai a chiamare la mamma, e dopo qualche secondo che ascoltava lei dovette sedersi. Eravamo tutti intorno a lei, e vedendo i suoi occhi stralunati ci chiedevamo cosa fosse successo. Poi ce lo raccontò: mio nonno si era trovato con il suo autista nella zona della rapina, aveva assistito all'inseguimento, aveva visto i rapinatori che sparavano, e una raffica era piovuta sulla sua macchina, colpendo nella schiena il suo autista, un ex alpino friulano, che era caduto in avanti sul clacson continuando a ripetere: «Ingegnere, si butti sotto la macchina». E mio nonno gli aveva dato retta, a quasi settant'anni era uscito dall'Alfa Romeo e aveva strisciato sotto l'auto. Ricordo la cicatrice dell'autista, uno squarcio che andava dal fianco fino a un centimetro dalla colonna vertebrale. Aveva rischiato di rimanere paralizzato, dissero i dottori. Ma torniamo alle rapine. Con lo scorrere del tempo, in ogni campo le cose subiscono modificazioni tecnologiche, e dunque anche in questo campo: cambiano i sistemi di sicurezza, gli allarmi, la capacità e la velocità di comunicare, le armi, e anche le idee. In questa epoca di allarme terroristico, i rapinatori di Venezia hanno pensato bene di mettere in subbuglio la turistica Piazza San Marco con una bomba fumogena, per creare un diversivo e distrarre l'attenzione della gente e della polizia e poter svaligiare una gioielleria.

Ma a volte basta un granello di sabbia per fare inceppare il meccanismo, e questo granello è stato proprio un turista, che ha notato i rapinatori e ha dato l'allarme: per lui una vacanza indimenticabile, e non solo per la bellezza della Serenissima.

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