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Ospedali ai raggi X

Il report dell'Agenas. Cardiologia, oncologia e ortopedia: la mappa delle migliori strutture. Una su quattro di alto livello, otto bocciate. "Manca equità nelle cure"

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I ricoveri negli ospedali italiani sono in ripresa ma rispetto al pre pandemia sono ancora 890mila in meno all'anno. Si fanno troppi parti cesarei, soprattutto al Sud. E ancora: si sottovaluta il rischio infarto per le donne ed è troppo alto il numero delle cure inappropriate, in particolar modo quando riguarda gli immigrati.

Il report 2023 presentato da Agenas, l'agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, racconta le luci e le ombre dei nostri ospedali, pubblici e privati. E testimonia quanto sia difficile recuperare i pazienti spariti dai radar dal 2020 e smaltire le liste d'attesa accumulate in questi tre anni.

Dal rapporto emerge anche un aspetto nuovo rispetto al passato: fino a poco tempo fa l'Italia sembrava divisa in due per la qualità delle cure, con i big concentrati al Nord e i più scalcagnati relegati ai Sud. E sembrava che tutto il meglio confluisse nel privato lasciando i guai nel pubblico. Ora c'è un altro parametro che rende meglio l'idea della nostra sanità: si allarga la forbice tra ospedali di eccellenza, che offrono elevate qualità di cure, e strutture in cui l'assistenza è deficitaria. A prescindere dal fatto che siano pubbliche o private. «Sono aumentate queste differenze, c'è più eterogeneità tra regioni, ma soprattutto all'interno delle regioni stesse - spiega Marina Davoli, responsabile tecnico del Programma nazionale esiti - In molte regioni ci sono strutture, su 1.400 ospedali pubblici e privati valutati, che hanno valori molto buoni e altre molto meno. Parliamo, in entrambi i casi, anche di strutture importanti, che ricoverano un numero di casi adeguato. In alcuni casi, all'interno della stessa regione le differenze sono maggiori rispetto al confronto con altre regioni». Questo vuol dire che avere un attacco cardiaco in una città piuttosto che in un'altra fa la differenza, eccome. Così come rompersi il femore: ad esempio, in Sicilia ci sono strutture che operano l'80% dei pazienti nelle prime 48 ore ma altre, in questo caso 3, che si fermano a meno del 10%. «Bisogna ancora lavorare sull'equità dell'accesso» rimarca Agenas.

L'analisi dell'agenzia non vuole suonare come una classifica ma, per forza di cose, decreta una lista di «buoni e cattivi», stilata sulla base di parametri per pesare l'efficienza di otto aree cliniche. In generale una struttura sanitaria su 4 è di alto livello. Solo l'istituto Humanitas di Rozzano ha una valutazione di qualità alta o molto alta per tutte le aree considerate. Tra le strutture pubbliche, quella che ha riportato una valutazione migliore è l'azienda ospedaliero- universitaria delle Marche di Ancona. Sul podio ci sono altri istituti della famiglia Rocca: Humanitas Gavazzeni di Bergamo e Humanitas Mater Domini a Castellanza.

Al primo posto come livello di qualità per l'area cardiovascolare è l'azienda ospedaliera universitaria Careggi di Firenze, mentre nell'area della chirurgia oncologica le 4 strutture con livello di qualità più alta sono l'ospedale di Mestre, l'azienda ospedale università di Padova, lo stabilimento Umberto I Lancisi (Ancona) ed il Policlinico Universitario Gemelli (Roma). La Regione che presenta invece la proporzione più alta di strutture con livello di qualità molto alto per l'area gravidanza e parto è l'Emilia-Romagna (11 strutture su 17, pari al 65%).

Invece otto ospedali, tra Nord e Sud, hanno una qualità delle cure insufficiente e «vanno attenzionati». «Invieremo dati e nomi al tavolo di monitoraggio dei Livelli essenziali di assistenza - spiega il direttore generale di Agenas Domenico Mantoan - perché ci si deve porre il tema di una serie di ospedali del nostro Paese dove la qualità delle cure è molto bassa.

Quindi vanno fatte politiche di accompagnamento, di audit, di verifiche per capirne i motivi».

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