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Persino il calendario dell'Esercito finisce sotto accusa per apologia. La sinistra e l'Anpi: "Riabilita Salò"

Nel mirino la frase "prima e dopo l'8 settembre 1943" e il sottosegretario Rauti. La Difesa: "Lo scopo dell'iniziativa è valorizzare l'impegno dei militari nella guerra di Liberazione"

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Mancava solo l'aggressione al calendario dell'Esercito. Reo, nell'edizione 2024, di recitare nel titolo «Per l'Italia sempre... prima e dopo l'8 settembre 1943». Un'intestazione meritevole forse di essere accusata di un eccesso di retorica, non certo di apologia del Fascismo come ha pensato bene di fare il vicecapogruppo alla Camera di Alleanza Verdi e Sinistra Marco Grimaldi che, per ritagliarsi il suo quarto d'ora di notorietà, ha annunciato un'interrogazione parlamentare al ministro Guido Crosetto. A non piacergli sono quel «prima» e «dopo» che, a suo avviso, vanno «nel solco della riabilitazione dei ragazzi di Salò e dell'amnesia sulle responsabilità italianissime del Fascismo». La minestra è sempre la stessa e comincia a essere piuttosto riscaldata con l'attacco al governo Meloni questa volta per interposta sottosegretaria alla Difesa. Quella Isabella Rauti che, riservista dell'Esercito e figlia di Pino Rauti, considerata la responsabile dell'iniziativa, diventa il bersaglio perfetto per l'imboscata dei neo resistenti. Che, peraltro, trovano l'immediato appoggio dei partigiani dell'Anpi che con il presidente Gianfranco Pagliarulo tuonano contro «una minoranza filofascista che vuole riscrivere la storia d'Italia». Fosse penetrata, detta minoranza filofascista, nel cuore del nostro Esercito, ci sarebbe da preoccuparsi. E, invece, proprio dal Ministero della Difesa arriva la rassicurazione, casomai ce ne fosse stato bisogno, che «il calendario si inquadra in una trilogia storica che vuole evidenziare esclusivamente l'impegno e il valore degli italiani e dei nostri militari nella Guerra di Liberazione, nella consapevolezza che, come quelli di allora, anche i soldati di oggi, con il giuramento che prestano, si impegnano a servire il Paese e le istituzioni repubblicane». Aggiungendo che, per fugare ogni dubbio, sarebbe bastato «leggere le motivazioni di conferimento delle Medaglie d'Oro al valor militare».

Come al solito sarebbe bastato studiare un po'. E magari non essere accecati dal furore ideologico per non incappare nella dura reazione di un eroe, come la Medaglia d'oro al valor militare, il tenente colonnello Gianfranco Paglia che chiede con vigore di «non strumentalizzare il valore e il sacrificio di chi ha combattuto per la Nazione». Aggiungendo che «da ex parlamentare faccio fatica a comprendere i miei ex colleghi: come si fa a criticare un calendario dell'Esercito presentato a settembre e apprezzato da tutti e che ha, come unico obiettivo, ricordare chi ha combattuto per la nostra Patria, ricevendo riconoscimenti prima dell'8 settembre e dopo. Nessuno può vantare il diritto di giudicare i nostri decorati. Sarebbe stato più dignitoso leggere le motivazioni di ognuno per capire che di fronte a un decorato al Valor militare ci si inchina e lo si rispetta in silenzio». Concludendo che «La Difesa non ha mai fatto e mai farà distinzione alcuna ed è sempre intervenuta per la salvaguardia e sicurezza del territorio nazionale o estero senza guardare l'appartenenza politica». E proprio lui ne è splendido esempio. Parole di semplice buon senso che però sembrano da eroe in questi tempi così tristi. Giorni nei quali politici senza scrupoli invece di difendere un'istituzione come l'esercito intorno a cui una nazione dovrebbe unirsi, vorrebbero demolirla.

Inducendo un lettore di Repubblica (che si firma«giorgiodemocratico») a commentare scrivendo: «Bel calendario, da appendere a testa in giù». Serve altro?

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