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Il Pil è in frenata per colpa del costo del denaro. Confindustria chiede una svolta pro-imprese

Solo il turismo tiene in piedi il Paese, produzione ed export in sofferenza

Il Pil è in frenata per colpa del costo del denaro. Confindustria chiede una svolta pro-imprese

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Il Pil è in frenata per colpa del costo del denaro. Confindustria chiede una svolta pro-imprese

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La dinamica del Pil sarà «molto debole, quasi ferma» e le attese per il terzo trimestre «sono poco più positive». Il Centro studi di Confindustria (Csc) si allinea alle aspettative del mercato che stima una crescita flebile allo 0,1% sia nel secondo che nel terzo trimestre e dello 0,2% nel quarto. Domani l'Istat pubblicherà i dati sul prodotto interno lordo e ci si attende un significativo rallentamento rispetto al +0,6% dei primi tre mesi 2023.

Secondo Confindustria, sono due i fattori che stanno imbrigliando il nostro Paese, che pure quest'anno, a giudizio dell'Fmi, dovrebbe crescere del'1,1%, più della media dell'Eurozona. Da un lato il costo del denaro sempre più alto, frutto della lotta all'inflazione della Bce, dall'altro l'esaurirsi della spinta dell'export, che risente della debolezza della domanda globale e di quella della Germania in particolare. L'economia tedesca, reduce da due trimestri negativi, ha registrato tra aprile e giugno una crescita zero e quest'anno dovrebbe contrarsi dell'1,3%. Per Viale dell'Astronomia il «credito è troppo caro e più scarso», le imprese italiane stanno subendo un continuo aumento del suo costo, salito al 4,8% a maggio, mentre lo stock di finanziamenti si riduce del 2,9%. Le indagini di Istat e Banca d'Italia mostrano un irrigidimento dei criteri di offerta, una domanda frenata dal costo eccessivo, una quota significativa di imprese che non ottiene credito (6%), soprattutto perché rinuncia per le condizioni onerose (56,3%). D'altra parte sono proprio questi gli obiettivi, seppur dolorosi, a cui mira la Bce per raffreddare l'economia e ricondurre la dinamica dei prezzi, cresciuti del 5,5% nella Ue a giugno, verso il target del 2%. Il rialzo di 25 punti base deciso giovedì, il nono consecutivo, che ha portato il tasso di rifinanziamento principale ai massimi dal 2001, al 4,25%, non è detto che sia l'ultimo. Giovedì Lagarde ha spiegato che la stretta sta producendo i suoi effetti: l'economia si indebolisce (più quella manifattura che non dei servizi), la domanda frena e il credito si asciuga. E dunque, d'ora in avanti, la Bce si farà guidare solo dai dati per decidere se stringere ancora la cinghia. Gran parte degli analisti si attende un ultimo giro di vite di 25 punti base alla fine dell'estate, anche se nessuno mette la mano sul fuoco.

In Italia, sottolinea Csc, a puntellare il Pil sono stati i servizi, trainati dal turismo, con la spesa degli stranieri in Italia salita del 13,2% a maggio e i passeggeri in aeroporto tornati sopra i livelli del 2019. Arranca invece l'industria, la cui produzione nel corso del 2023 si è «contratta molto» (-1,9%) e le cui prospettive restano «deboli». Preoccupa soprattutto il calo dell'export che, seppure in moderata contrazione a maggio (-0,3%), risente della domanda debole dei Paesi Ue (-1,7%).

Come ha sottolineato recentemente il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, « la produzione industriale è diminuita, il commercio internazionale sta rallentando, ma se interveniamo subito facendo le cose che vanno fatte, continueremo a crescere; se non facciamo i compiti a casa, mettiamo a rischio la crescita».

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