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"Italia da ricostruire come nel dopoguerra. Virus nemico di tutti, l'unità è un dovere. L'euro è irreversibile"

Il premier illustra il programma in Aula con un discorso che fa il pieno di consensi. L'allarme per la crisi. Le citazioni di Cavour e Papa Francesco. Il richiamo ad europeismo e atlantismo. "Non c'è sovranità nella solitudine"

"Italia da ricostruire come nel dopoguerra. Virus nemico di tutti, l'unità è un dovere. L'euro è irreversibile"

Anche Mario il freddo, ogni tanto, si scioglie. «È un'emozione fortissima». Si confonde sulle cifre, persino: «Abbiamo due milioni di cittadini in terapia intensiva», dice saltando una riga del discorso, e tocca a Giancarlo Giorgetti fargli notare il lapsus. Si corregge: «Va bene, duemila». Si sistema il microfono. «Scusate, devo ancora imparare». E alla fine, mentre i senatori gli battono le mani, si guarda intorno spaesato perché non sa bene che cosa fare. «Ditemi quando posso sedermi».

Sa invece, benissimo, cosa fare per l'Italia. «Bisogna ricostruire. Faremo le riforme e affronteremo l'emergenza». Come? Cambiando tutto: vaccini, ospedali, scuole, Recovery, lavoro, giovani, donne, ambiente, tecnologia, tasse, Pubblica amministrazione. È il nuovo orizzonte liberal riformista proposto da Mario Draghi, capo del «governo del Paese», così, senza altre etichette. Un esecutivo che «con spirito repubblicano» chiede ai partiti di «riqualificarsi» dando a mano a completare la missione. «Dobbiamo restituire futuro ai nostri giovani. Hanno bisogno di un buon pianeta, non solo di una buona moneta». Conte, che lui ringrazia, è già preistoria. No, l'uomo non è di ghiaccio, però le sue idee sono di una chiarezza gelida. «La nostra responsabilità nazionale è combattere la pandemia e salvare le vita. È una trincea dove battagliamo insieme, il virus e il nemico di tutti». Cita Cavour, il Papa, i grandi europei. Come nel Dopoguerra, l'Italia è distrutta e i partiti costretti a mettersi insieme. Ma non sono commissariati. «La politica non ha fallito, nessuno fa passi indietro rispetto alla propria identità. Semmai, in questo nuovo inconsueto perimetro, ne fa uno avanti nell'interesse nazionale». Basta liti. «L'unita non è un'opzione, è un dovere». E basta pensare al dopo. «Conta la qualità delle decisioni, il coraggio delle visioni, non la durata di un governo. Il tempo del potere può essere anche sprecato anche nella preoccupazione di conservalo». A chi allude?

COVID E POVERTÀ - Quasi tre milioni di contagiati, 92 mila morti, la fame che dopo mezzo secolo si riaffaccia. Davvero un annus horribilis. Draghi ricorda che l'aspettativa di vita è scesa di cinque anni, che la Caritas ha raddoppiato le famiglie da assistere, che la cassa integrazione copre quattro milioni di lavoratori, che il Pil è crollato, le disuguaglianze sociali sono cresciute, la didattica a distanza è fallita. Tra salute e economia, la mediazione passa per il parere della scienza. Ma gli imprenditori vanno rispettati, il pasticcio della chiusura dello sci all'ultimo momento non deve ripetersi. «Ci impegniamo a informare i cittadini con sufficiente anticipo». Sarà dura e sarà lunga. «Non è mancata la corrente. Quando finirà non sarà come riaccendere la luce».

VACCINI - Chissà, forse Arcuri salverà il posto, ma non sarà più lui ad occuparsi della somministrazione. «La prima sfida è, una volta ottenute le quantità sufficienti, distribuirlo rapidamente ed efficacemente, mobilitando tutte le energie». Esercito, protezione civile, volontari, farmacisti. «Non dobbiamo limitate le vaccinazioni ai luoghi specifici, spesso non pronti». Addio primule, apriamo caserme, palestre, scuole. Affidiamoci pure ai privati. Insomma, dimentichiamo il modello Conte, ora si guarda al Regno Unito. Usciamo dagli ospedali: più spazi, più operatori, più dosi inoculate, più vite salvate. Di conseguenza, serve una riforma sanitaria che si apra al territorio. Oggi il SSN è centralizzato e ruota sugli hub ospedalieri, Draghi pensa a «ridisegnare una forte rete di servizi di base»: consultori, centri di assistenza locale, case di comunità. Non si possono più intasare i pronto soccorso.

RECOVERY - L'approccio ai sussidi europei è la seconda vistosa differenza con il governo precedente. Conte «ha fatto un buon lavoro», però adesso dobbiamo «approfondirlo e amplificarlo». Infatti, spiega il premier, «non basta elencare i progetti, dovremo dire dove vogliamo arrivare nel 2026, selezionare gli interventi, assicurare l'impulso occupazionale, garantire l'impatto ambientale». Le missioni sono le stesse, ma, ecco la novità, «potranno essere rimodulate e accorpate», riempite di contenuti, con obbiettivi più ambiziosi sul digitale e l'economia verde. La governance sarà affidata a Franco, che si coordinerà con gli altri ministri interessati. E le Regioni «saranno coinvolte».

LAVORO - Anche qui un'altra svolta. Non è più tempo di soldi a pioggia, Draghi punta sulle «politiche attive», a difendere i lavoratori, non i posti di lavoro a tutti i costi. Tra qualche settimana finisce il blocco dei licenziamenti «ma sarebbe un errore difendere indifferentemente tutte le attività economiche, alcune dovranno cambiare radicalmente». I ristori non ci saranno per sempre, inutile dare soldi a carrozzoni o ad attività che non hanno futuro. E i sussidi, come il reddito di cittadinanza, vanno ricalibrati. Non vale per il turismo, «i soldi non si buttano, tornano indietro». E la cultura «è imprescindibile per il benessere dell'Italia».

FISCO - Niente flat tax, bensì aliquote progressive e recupero dell'evasione. «Non è mai una buona idea cambiare una tassa alla volta» se si vogliono evitare «i gruppi di pressione». Meglio una riforma complessiva e va «studiata una revisione dell'Irpef». Piace il sistema danese dove i politici si sono consultati con gli esperti.

POLITICA ESTERA - Onu, Ue, Nato, Parigi, Berlino, i mediterranei. L'euro è irreversibile e «non c'è sovranità nella solitudine». Salvini è avvisato. Ma sui migranti «occorre che la Ue si assuma le sue responsabilità».

PA - «Troppe fragilità» per reggere l'urto del Recovery. Servono investimenti in tecnologia e in aggiornamenti dei dipendenti, con migliori selezioni. Le amministrazioni vanno messe in grado di pianificare stanziamenti e tempi certi. Il sud deve imparare a spendere bene le risorse, irrobustendo gli enti. E la giustizia civile deve offrire efficienza e rapidità.

DONNE - Rivoluzione. «La vera parità di genere non si raggiunge con le farisaiche quote rosa, ma con un welfare che permetta di evitare la scelta lavoro-famiglia». Troppo poche nel governo? Il problema per Draghi è il gap salariale negli uffici, non il numero delle ministre.

GIOVANI - Sono il futuro e la loro formazione è decisiva per il Paese. Per questo il premier vuole recuperare le ore perse, se serve pure d'estate. Gli insegnanti se ne faranno una ragione, anzi dovranno aggiornarsi perché il programma prevede nuove materie, tecnologie e standard europei. «Che mondo rischiamo di consegnare ai ragazzi?». Ma ce la faremo, conclude.

«Dobbiamo essere orgogliosi, siamo una grande potenza».

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