Governo

Un presidente eletto per 5 anni. Stop a ribaltoni e governi tecnici

In caso di crisi il capo del governo può essere sostituito solo da un esponente della stessa maggioranza, o si andrà a elezioni Super premio di maggioranza almeno del 55%

Un presidente eletto per 5 anni. Stop a ribaltoni e governi tecnici

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Stabilità, governabilità, rispetto del mandato elettorale e orizzonte medio-lungo per il piano dell'esecutivo. Sono queste le parole d'ordine della riforma costituzionale che vuole introdurre il premierato «all'italiana» e non ricalca nessuno dei modelli esistenti negli altri Paesi. Obiettivi come quelli espressi nei 5 articoli approvati ieri dal Consiglio dei ministri, possono cambiare la storia di un'Italia che finora si è dibattuta tra esecutivi di un anno e mezzo di vita in media, spesso diversi da quelli indicati dai cittadini e a volte a guida tecnica.

Il disegno di legge Casellati, invece, arriva in Parlamento con la volontà, scritta a caratteri cubitali, di mantenere a Palazzo Chigi il più possibile un premier eletto direttamente dai cittadini, con la stessa scheda in cui si sceglie il Parlamento per 5 anni, così da rappresentare lo stretto rapporto tra esecutivo e legislativo. Un capo di governo forte, con un programma da realizzare e ministri che indica lui al Capo dello Stato per la nomina. In caso di crisi il Quirinale potrà offrirgli una seconda possibilità di formare una maggioranza e, se non ottiene o perde la fiducia del parlamento e deve dare le dimissioni, potrà sostituirlo solo con un altro eletto nelle liste a lui collegate, dunque impegnato sullo stesso programma del predecessore. Il testo la chiama «razionalizzazione del rapporto di fiducia».

Nessun ribaltone e nessun governo tecnico, nessun trasformismo e nessun gioco di potere, insomma, sarà più possibile. Se nè la prima ipotesi nè la seconda sono praticabili l'unica alternativa sarà il ritorno alle urne e il presidente della Repubblica scioglierà le Camere. Giorgia Meloni ha ripetuto ieri che lei sarebbe stata per la formula più drastica, quella latina «simul stabunt simul cadent», cioè se cade il governo cade insieme il parlamento (un bel deterrente per gli eletti), ma gli alleati hanno preferito offrire più alternative e ora sarà il parlamento a decidere.

Sempre nel nome della stabilità, in Costituzione verrà inserita un'indicazione sulla legge elettorale che preveda un premio di maggioranza, nel testo è il 55% ma la ministra per le Riforme Elisabetta Casellati ha detto che il tetto potrà anche salire. Come assicurato da Meloni e Casellati, il Capo dello Stato manterrà i suoi principali poteri, anche se certo era impossibile rafforzare Palazzo Chigi senza modificare il peso del Quirinale. L'inquilino del Colle conferirà l'incarico al premier e manterrà il potere di nomina dei ministri su sua indicazione. Secondo Palazzo Chigi la riforma «si ispira a un criterio minimale di modifica della Costituzione vigente, in modo da operare in continuità con la tradizione costituzionale e parlamentare italiana e da preservare del Presidente della Repubblica, figura chiave dell'unità nazionale». Non potrà però sciogliere una sola delle Camere, nè nominare senatori a vita. Quelli già a Palazzo Madama «restano comunque in carica» e il titolo sarà riservato agli ex presidenti della Repubblica.

Per farla entrare in vigore il parlamento in entrambe le Camere dovrà dare l'ok al testo con la maggioranza qualificata, dei due terzi dei componenti.

Altrimenti, un quinto dei parlamentari potrà richiedere un referendum confermativo.

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