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Quando le toghe "resistono" contro il governo sgradito

Il giudice contabile scatenato è solo l'ultimo di una lunga serie. Una burocrazia profonda e ostile trama contro la maggioranza

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Che questo governo non goda degli auspici del Deep State è cosa nota a tutti, ormai. Chi c'è dietro la manina che ha fatto circolare un testo partorito dall'ufficio studi del Servizio del bilancio del Senato che certificava come «spacca Italia» il disegno di legge di Roberto Calderoli sull'Autonomia? Chi ha messo in giro fake news sulla legge di Bilancio - vedi l'ipotesi dei pignoramenti diretti sui conti correnti - buone solo per incartare il pesce il giorno dopo? Che siano burocrati o grand commis cresciuti a pane e Partito democratico, manine o manone che fanno apparire o sparire documenti a seconda della convenienza politica, che siano magistrati che - in punta di diritto - esercitano le loro prerogative contro esponenti del governo o leggi partorite dal Parlamento, poco importa. Ciò che è necessario è avvelenare i pozzi della narrazione, anticipare sentenze di colpevolezza prima ancora dei processi, liquidare mesi di lavoro parlamentare con opinabili interpretazioni giuridiche.

Non bastano le sparate del consigliere della Corte dei Conti Marcello Degni sulla «bava» che avrebbe causato a Giorgia Meloni «l'ostruzionismo sulla legge di Bilancio» che Elly Schein avrebbe dovuto portare avanti per «costringere l'Italia all'esercizio provvisorio», una jattura per i conti pubblici. L'inopportunità di queste dichiarazioni postate sui social il 30 dicembre, al di là del provvedimento disciplinare che potrebbe portare a pesanti sanzioni per il magistrato contabile, persino alla radiazione (almeno così fa capire il Pg a qualche quotidiano), tradiscono il clima di caccia alle streghe in cui questa maggioranza è costretta a muoversi. Stranamente gli ex amici Matteo Renzi e Carlo Calenda sono d'accordo nel condannare l'intemerata social («Degni ha sbagliato, ha ragione la Meloni») mentre il Pd tace ancora, colpevolmente.

E cosa pensare delle sentenze «svuota Cpr» innescate dalla decisione della giudice Iolanda Apostolico di fare strame del decreto Cutro e liberare così diversi profughi clandestini dai Centri di accoglienza di Pozzallo, pronunciamento che ha trovato proseliti in tutto lo Stivale? La Apostolico non ha mai nascosto sui social le sue simpatie per la sinistra (il partner è dirigente di Potere al Popolo) e ha partecipato a diverse manifestazioni contro l'allora ministro dell'Interno Matteo Salvini, alimentando il sospetto che le sue decisioni siano «viziate» da un pregiudizio ideologico.

Ha fatto discutere anche la decisione del gip Emanuela Attura di invocare l'imputazione coatta per il sottosegretario alla Giustizia con delega al Dap Andrea Delmastro (si parte il prossimo 12 marzo) per cui la Procura aveva chiesto l'archiviazione. «In un processo di parti non è consueto che la parte pubblica chieda l'archiviazione e il giudice per le indagini preliminari imponga che si avvii il giudizio», aveva sottolineato la Meloni, secondo cui «il giudice non dovrebbe sostituirsi al pm». Tra le rivelazioni sulle trame e gli incontri dell'anarchico Alfredo Cospito, rinchiuso al 41bis nel carcere di Sassari, c'era anche quella sul Pd che a Cospito aveva fatto imprudentemente visita (da qui l'accusa di essere «dalla parte dei mafiosi» di Giovanni Donzelli, informato da Delmastro), avvalorandone la strategia contro il carcere duro studiata a tavolino con i boss mafiosi suoi compagni di ora d'aria. Informazioni sì «secretate», ma con un segreto dal valore «politico» - come del resto «politica» è la scelta di recludere Cospito al carcere duro - e come aveva detto al Giornale l'ex capo del Dap Sebastiano Ardita il peccato di Delmastro era veniale, non certo meritevole di un processo per rivelazione del segreto d'ufficio, come aveva peraltro deciso la Procura di Roma che aveva escluso «l'elemento soggettivo del reato», vale a dire la volontà dolosa di commettere reato. Ma tant'è.

Parafrasando Giovanni Giolitti, per i nemici le leggi si applicano, e quando non basta si interpretano.

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