Guerra

Il raid israeliano a Jenin: "Esplosivi e casse di armi. È la fortezza del terrore"

Blitz in Cisgiordania: uccisi 9 palestinesi, in 3mila via dal campo profughi. Hamas e Jihad: vendetta

Il raid israeliano a Jenin: "Esplosivi e casse di armi. È la fortezza del terrore"

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Ieri a Jenin le forze israeliane hanno lanciato un attacco militare di cui adesso parla tutto il mondo come di una crudele sorpresa nei confronti dei palestinesi: in quella che è stata definita la maggiore impresa antiterrorismo dal tempo della seconda intifada, 9 sono stati uccisi, 8 in scontri armati e uno in circostanze ancora non definite. «Un massacro, interverremo per fermarlo» è intervenuto il leader della Jihad islamica. E dopo l'operazione militare israeliana sono circa tremila i palestinesi che hanno lasciato il campo profughi di Jenin.

ono passati 22 anni da quando, a Pasqua 2002, dopo un eccidio di 20 israeliani in un ristorante, ci fu la battaglia di Jenin in cui furono uccisi 50 palestinesi e 23 soldati. Avventurandosi sul campo di battaglia, dentro la cittadina, solo l'auto di qualcuno esperto ti evitava di calpestare le trappole esplosive. Anche ieri ne sono state trovate con casse di armi, proiettili, esplosivo. Jenin ieri, e Jenin oggi. Oggi il governo e l'esercito hanno deciso che ormai era inevitabile quest'intervento. Le attività di Jenin rendevano letteralmente impossibile ai cittadini israeliani viaggiare nell'area, ai ragazzini aspettare l'autobus e andare a scuola. La cittadina è la santabarbara e il campo training dei terroristi più determinati; qui già nel 1935 fu ucciso dalle forze britanniche il capo islamico padre di Hamas, il guerriero Itz a din al Qassam, da cui il nome dei missili Qassam.

Da qui sono usciti, ultimi della fila, i terroristi che hanno compiuto 50 attacchi a fuoco negli ultimi sei mesi, e un totale di 200 attacchi nell'inizio del 2022. Dal settembre dell'anno scorso 19 terroristi hanno cercato e trovato asilo a Jenin, dall'inizio dell'anno 28 israeliani fra cui donne, bambini, civili seduti al ristorante, sono stati uccisi. L'autodifesa di Israele, in un non gradito ma indispensabile tentativo di contenere la piaga, è costata la vita a 120 palestinesi, arresti e incursioni ne sono stati la causa.

Nel frattempo c'è stata una grande iniezione di denaro e aiuti da parte dell'Iran: i finanziamenti alla Jihad Islamica e a gruppi che si riferiscono a Fatah sono aumentati. L'impegno per il terrorismo islamico antisraeliano era limitato a Gaza e agli hezbollah: adesso le migliaia di armi che sono state sequestrate a Jenin, le dozzine di congegni esplosivi di alta qualità e anche il lancio nei giorni scorsi di un missile non da Gaza ma dal territorio dell'Ap sono un segnale dell'allargarsi della minaccia all'West Bank. Jenin è la fortezza del terrorismo, ed è ormai ben organizzata, casa per casa, nascondiglio delle armi e dell'esplosivo: esistono meccanismi di allarme che avvertono in lontananza dell'arrivo dell'esercito, all'ingresso della cittadina congegni esplosivi bloccano i nemici. La Jihad islamica è rimasta il numero uno in città, come ai tempi della Seconda Intifada, mentre il 20% dei cittadini si identifica con Hamas, ed esistono anche gruppi autonomi come la Brigata Jenin che vengono esaltati e promossi grazie a video Tik Tok in cui sparano agli insediamenti e ai soldati. La scelta di ieri ha già causato promesse di vendetta oltre che alla reazione mondiale, molto consueta, di disapprovazione, che di fatto accetta la versione palestinese di un'intrusione violenta priva di significato; ma non è affatto così. Israele tenta di fare qualcosa di significativo contro un'ondata incontenibile di violenza.

La scelta di agire è stata presa anche dopo una consultazione dieci giorni fa, con gli Usa. E prima di entrare nella cittadina un messaggio è stato diffuso. «Stiamo per entrare per effettuare arresti: state a casa e proteggete la vostra famiglia». Durante la notte scorsa le truppe israeliane hanno sequestrato addirittura missili e chiuso gallerie sotterraneo ad uso bellico. Per ora quello che si vede è che nel campo minato della politica israeliana, questa impresa è l'unica cosa su cui tutte le parti sono d'accordo.

Anche Yair Lapid, il grande antagonista di Netanyahu, mentre infuriano le manifestazioni contro la riforma giudiziaria, che hanno investito anche l'aeroporto Ben Gurion (l'unica porta di Israele verso l'estero) ha dichiarato il suo accordo con l'impresa di Jenin.

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