Economia

Referendum, è testa a testa. Tsipras prova l'ultimo bluff

Il premier propone il taglio del 20% del debito da spalmare su 20 anni, ma la Ue minaccia il default. Scontri in piazza degli incappucciati con la polizia

Alexis Tsipras parla in una gremita piazza Syntagma
Alexis Tsipras parla in una gremita piazza Syntagma

Un attacco a tenaglia dei due più rigidi interpreti del rigore dell'eurozona (Wolfgang Schaeuble e Jeroen Djisselbloem) a quello che è stato ribattezzato il «pokerista dell'Egeo»: Yanis Varoufakis. La vigilia del referendum greco (urne aperte domani dalle 7 alle 19 ora greca, 18 in Italia e primi exit un'ora dopo) è una gara a ostacoli, con calci e pugni sferrati sotto il tavolo. Mentre il Consiglio di Stato boccia il ricorso presentato da due cittadini contro il referendum e 300 antiautoritari sfondano il cordone di polizia a due passi da piazza Syntagma, il ministro delle Finanze tedesco spegne gli entusiasmi di chi, come il suo omologo greco, dava per certo un accordo anche con la vittoria del «no» alle urne. Sulla stessa lunghezza d'onda il numero uno dell'Eurogruppo («È un bugia», dice) che non ha dimenticato le paroline sussurrategli all'orecchio proprio da Varoufakis nel loro primo incontro ad Atene dopo le elezioni. Di contro il premier Alexis Tsipras ha rilanciato in tv le sue richieste ai creditori: un taglio del 20% del debito pubblico oltre ad una moratoria di 20 anni sul resto. Richieste che, ha puntualizzato, troverebbero anche sostegno oltreoceano dell'Fmi, pressato da Barack Obama in persona. Ma non c'è solo il rischio di finire «come l'Argentina» per la Grecia: ieri il Fondo Salva Stati (Efsf), davanti al mancato rimborso di 1,6 miliardi, ha schiacciato ufficialmente il grilletto del default, anche se poi ha deciso di aspettare e di «non richiedere» un «pagamento immediato».

Anche ieri ad Atene è stata quindi una giornata frenetica, con Tsipras impegnato prima in dichiarazioni ufficiali rivolte ai creditori - con cui spera da lunedì di ritornare a trattare - e poi nelle piazze di un Paese che ancora quasi non crede di essere a un passo dal baratro. Chi innesta la quarta è il partito Potami: «La rabbia non aiuta a prendere le giuste decisioni - attacca Stavros Theodorakis, dato come possibile premier di larghe intese -. La situazione è critica. Non esistono soluzioni magiche». Per questo la comunicazione del governo si è spostata sui soggetti più a rischio: i pensionati, la cui associazione di categoria è stata ricevuta dallo stesso Varoufakis. Quest'ultimo li avrebbe rassicurati del fatto che da lunedì non ci saranno problemi agli sportelli bancari, ovvero che gli istituti riapriranno. «Sarà lo Stato a pagare le pensioni e gli stipendi alla fine del mese, perché dopodomani avremo un accordo, in un modo o nell'altro».

Ma non si sa se abbia fatto breccia nelle menti di chi, sotto il sole e in piedi, da tre giorni sta facendo la fila per prelevare 120 euro. Una schizofrenia perfettamente rappresentata dai giornali greci, che prima danno i «sì» al referendum al 44%, poi virano su una probabile parità. Quel che è certo è l'81% di cittadini che non ne vuol sapere di tornare ad una moneta che non sia l'euro: sia per i problemi legati alla svalutazione, sia per un possibile prelievo forzoso, come accaduto a Cipro due anni fa. Per questo ieri l'immagine di un pensionato in lacrime dinanzi ad una banca ha fatto il giro del Paese, anzi del mondo.

Chi di sicuro non esulta sono le Borse, tranne Wall Street, chiusa per la festa dell'Indipendenza, perdono ancora tutte: Milano cede il 0,48%, Londra e Parigi lo 0,6 per cento. La giornata dei greci è terminata con le manifestazioni del fronte del «sì» allo stadio Kallimarmaro e del «no» in piazza Syntagma.

Con la maledetta icona di un Paese spaccato a metà, come se ci fosse una bad bank da un lato e quella che vorrebbe ricominciare, in Ue, dall'altro.

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