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Riforme alla conta. Ecco a chi guarda il centrodestra per scongiurare il voto popolare

Voto per voto. Gruppo per gruppo. La task force di Giorgia Meloni sulla riforma del premierato punta a scansare la trappola del referendum e centrare la soglia dei 2/3 dei voti nella votazione alla Camera e al Senato

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Voto per voto. Gruppo per gruppo. La task force (La Russa, Lollobrigida e Foti) di Giorgia Meloni sulla riforma del premierato punta a scansare la trappola del referendum e centrare la soglia dei 2/3 dei voti nella votazione (la seconda) alla Camera e al Senato. L'asticella è fissata a 266 voti a Montecitorio mentre a Palazzo Madama si deve toccare quota 136. Sulla carta il centrodestra parte da 235 voti alla Camera e 115 al Senato. La caccia ai 52 parlamentari (21 senatori e 31 deputati) è ufficialmente aperta. Fratelli d'Italia, il partito di maggioranza che più di Fi e Lega vuole portare a casa la riforma, ha sguinzagliato un tridente d'assalto: La Russa, Foti e Lollobrigida. Tre maghi dei numeri parlamentari. Lollobrigida, da capogruppo di un partito di opposizione, è riuscito nella passata legislatura a far passare in Aula e nelle commissioni mozioni e proposte di Fdi. La Russa e Foti possono far leva su rapporti personali trasversali. Alla Camera servono 31 voti per toccare quota 266. In realtà ne potrebbero bastare 21: Italia Viva, con i suoi 10 deputati, chiede piccoli ritocchi alla norma anti-ribaltone per dire sì. A Montecitorio c'è una trattativa aperta con i 4 deputati, Renate Gebhard, Franco Manes, Manfred Schullian e Dieter Steger, delle minoranze linguistiche della Valle d'Aosta e del Sud Tirolo su una richiesta: la destinazione del tributo alle regioni a Statuto speciale e alle Provincie Autonome di Trento e Bolzano per la parte ad esse spettante in base ai rispettivi statuti di autonomia. Occhio che nel Misto (e senza un partito) c'è Aboubakar Soumahoro, a rischio decadenza dopo le contestazioni sui rendiconti elettorali. La decisione spetta alla giunta per le elezioni dove il centrodestra ha la maggioranza e può decidere sul futuro dell'ex idolo di Saviano e Damilano. Nella rosa degli «attenzionati» c'è Franco Gallo, eletto in Sicilia con il Movimento di Cateno De Luca. Con il vulcanico sindaco di Taormina una trattativa è possibile, soprattutto con uno sguardo alla Regione Siciliana dove il partito di De Luca potrebbe ottenere, in cambio del sì alla riforma, l'ingresso in maggioranza. Più delicata la pesca nel Pd e in Azione. Nel partito di Carlo Calenda potrebbe registrarsi la defezione (con il sì al premierato) di Enrico Costa in cambio di qualche emendamento sulla riforma della Giustizia. Si guarda anche a Ettore Rosato e Giuseppe Castiglione. Nel Pd gli indiziati sono tre: Piero De Luca, Bruno Tabacci e Luciano D'Alfonso. De Luca jr ha il destino segnato nel partito di Schlein: il via libera a una legge sul terzo mandato per sindaci e governatori (papà di De Luca jr) potrebbe convincerlo a dare il voto favorevole al premierato. Tabacci è in rotta di collisione con la segretaria e lo strappo potrebbe già arrivare alle Europee: Tabacci e i socialisti di Enzo Maraio stanno lavorando a una lista autonoma. Al Senato alla riforma mancano 21 voti per centrare la fatidica soglia dei 2/3. Una passeggiata per La Russa, che fu eletto (senza i voti di Fi) al primo colpo. I 7 senatori di Italia Viva abbassano l'obiettivo a 14 senatori. Due voti sarebbero in arrivo da Azione: Giusy Versace e Mariastella Gelmini stanno definendo le condizioni con Letizia Moratti per il rientro nel centrodestra. Dal fronte di sinistra potrebbe arrivare il voto di Luigi Spagnolli e dell'esponente delle minoranze linguistiche Julia Unterberger.

Mancherebbero una decina di voti che La Russa è certo di pescare grazie ai propri rapporti personali.

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