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La rivolta "repubblicana" in nome di Hasel. E Sanchez promette più libertà d'espressione

Scontri dopo l'arresto del rapper anti-monarchia. Il Psoe: "Riforma del codice"

La rivolta "repubblicana" in nome di Hasel. E Sanchez promette più libertà d'espressione

Madrid. La guerriglia urbana che da quattro notti si ripete a Barcellona, Madrid e nelle principali città di Spagna, per opera di gruppi molto organizzati tra no global, black bloc, frange più violente dei separatisti e gruppi antimonarchici, irrompe nell'emiciclo del Congresso. E nell'occhio del ciclone c'è il governo di Pedro Sánchez e, soprattutto, il suo alleato Pablo Iglesias, leader di Podemos, colpevole dell'ennesima gaffe che sta peggiorando la situazione. Tanto che potrebbe incrinare il rapporto di alleanza e aprire alla crisi politica.

Tutto è iniziato martedì. Hasel è un rapper catalano, militante indipendentista, che getta fango su istituzioni e corona. Usa le liriche delle sue canzoni e i frequenti tweet per ingiuriare il re emerito Juan Carlos «il ladro, pappone e puttaniere» e il re in carica Felipe VI «corrotto e marcio come il padre». Hasel ha accumulato una decina di denunce e martedì i Mossos d'Esquadra ricevono l'ordine d'arrestarlo. Alla notizia, il rapper si barrica nel rettorato dell'Università di Lleida, protetto da una pletora di studenti d'estrema sinistra ansiosi di azzuffarsi. All'alba di mercoledì, il rapper è stanato dagli agenti antisommossa che lo portano via in manette sotto un'incessante sassaiola. La notizia fa il giro delle città e partono le manifestazioni per la scarcerazione. Hasel è condannato a 9 mesi di reclusione per oltraggio alla Corona e apologia di terrorismo. La suA frenetica attività su Twitter l'ha tradito e l'ultimo tweet sulla «lotta armata per ripulire la Catalogna dai topi spagnoli» non l'ha aiutato.

La cronaca degli ultimi quattro giorni è nota: violenza e guerriglia urbana nel centro di Barcellona e Madrid, auto incendiate, cassonetti dell'immondizia in fiamme usati contro la polizia, decine d'arresti e proiettili di gomma sui dimostranti (una ventenne ha perso un occhio). A Madrid Sánchez tace per tre giorni, ci pensa Iglesias a fare danni: il vicepresidente si schiera «in solidarietà dei giovani antifascisti che hanno manifestato per la libertà d'espressione e contro la prigionia di Hasel». Gli risponde la prima vicepresidente Carmen Calvo, ricordando all'alleato che «le manifestazioni non erano autorizzate» e che «arresti, feriti e danni materiali non sono libertà di espressione».

Dopo quattro giorni Sánchez parla. Senza citarlo espressamente prende le distanze da Iglesias e dalla campagna di sostegno che Podemos sta attuando per l'artista in carcere. Il premier avverte: «In una sana democrazia la violenza è inammissibile ed è la negazione della democrazia stessa». Sánchez, tuttavia, non vuole perdere il suo prezioso alleato e si affretta ad annunciare: «Miglioreremo la tutela della libertà d'espressione», segno che il suo esecutivo rivedrà la severa legge che condanna al carcere chi offende e calunnia le teste coronate.

Una revisione che non piacerà ai tanti juancarlisti, i monarchici moderati, figuriamoci ai monarchici che già chiedono le teste di Sánchez e Iglesias.

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