Politica estera

Sánchez ha il governo ma perde la Spagna

Intesa coi baschi, incognita Podemos. Scontri a Madrid, 24 arresti. Ira di polizia e governatori

Sánchez ha il governo ma perde la Spagna

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A Pedro Sanchez il governo della Spagna, ma rischia di sfuggirgli di mano il Paese. Nel giorno dell'accordo «ultra separatista» siglato anche con i baschi, oltre che con i catalani di Carles Puidgemont, la maggioranza è cosa fatta per il premier socialista, che il centrodestra ha condannato come «un'umiliazione», posizione condivisa dalle piazze che continuano a manifestare disagio per un vero e proprio voto di scambio. Spiegano che il Psoe firma un documento che risale al 1714, alla base della narrazione indipendentista cavalcata da Puidgemont, avallando anche la strampalata tesi che una parte rilevante della società catalana non si sia più identificata con il sistema politico vigente in Spagna.

A 24 ore dall'agguato armato contro il 78enne Alejo Vidal-Quadras, già fondatore di Vox, ferito da un colpo di pistola al volto in pieno giorno, la Spagna guarda al 15 novembre quando si aprirà il dibattito parlamentare di due giorni in cui i catalani di Junts chiederanno un altro referendum sull'indipendenza, come per spuntare condizioni ancora più vantaggiose, dopo aver incassato il sì all'amnistia per Puidgemont. Popolari e Vox gridano allo scandalo e accusano Sanchez di voler mettere in gioco lo stato di diritto in Spagna per il proprio tornaconto politico, mentre Podemos, fiutata l'aria, consulterà i proprio iscritti per chiedere se sostenere Sanchez.

Nei fatti l'accordo siglato a Bruxelles dai rappresentanti socialisti Santos Cerdán, e di Junts, Jordi Turull, prevede che sette deputati del partito di Carles Puigdemont al Congresso sostengano l'investitura di Pedro Sánchez quindi il governo di coalizione che, per la prima volta nella storia del Paese, porta in grembo una narrazione nazionalista che i socialisti non avevano mai accarezzato in passato. Per questa ragione la sinistra iberica è divisa. Da un lato il pollice in su da parte dell'ex premier Zapatero, secondo cui l'accordo «è un grande patto di Stato ed è sotto il governo Sánchez che vedremo una stabilizzazione della Catalogna all'interno della Spagna». Dall'altro un pezzo dell'elites spagnola secondo cui il Psoe con questa mossa rompe con la sua storia e accetta la vulgata dell'indipendenza catalana.

Intanto nel paese proseguono gli scontri, con decine di feriti e arresti in occasione di altre manifestazioni, come quelle dei sindacati di polizia contro l'amnistia, senza dimenticare la rivolta dei presidenti delle regioni come la Castilla e la volontà di altri governatori indipendentisti di battere cassa con Sanchez: sul piatto la possibilità che il premier, pur di ingraziarsi altri partners, possa abbonare i debiti delle regioni in difficoltà, ingrossando così il rapporto debito-pil sull'altare della sua voglia di governare a tutti i costi.

Ma se si votasse oggi il Partito popolare otterrebbe, secondo l'ultimo sondaggio Csi, il 33,9% dei voti e Vox il 10%: in tutto 43,9%. Mentre il partner di coalizione di Pedro Sánchez, Sumar, è in calo rispetto al mese precedente. Ovvero Feijoo vincerebbe.

I Popolari intanto si preparano per le grandi manifestazioni di domani: il segretario generale Cuca Gamarra ha assicurato che l'investitura di Sánchez sarà una frode elettorale: «Si voterà e sarà eletto con il numero di seggi stabilito dalla legge, ma nessuno potrà cancellare il fatto che qui ci sono brogli elettorali perché le concessioni per ottenere quel numero di seggi si basano su qualcosa che non si è presentato alle urne».

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