Interni

La salute in tribunale

Il tavolo tra medici, ospedali e ministero: ogni anno 35.600 cause, 9 su 10 finiscono in nulla. Ma la sanità pubblica è costretta a spendere 10 miliardi

La salute in tribunale

Ascolta ora: "La salute in tribunale"

La salute in tribunale

00:00 / 00:00
100 %

Fino a qualche anno fa gli studi legali più spregiudicati mandavano i giovani praticanti di fronte all'uscita dei pronto soccorso a procacciare clienti. Oppure distribuivano volantini vicino agli ospedali ortopedici. «Risarcimenti sicuri» promettevano. Oggi digitando su Google le parole 'colpa medica' ai primi posti compaiono voci sponsorizzate che recitano, più o meno: «Denunciare un medico, richiedi il tuo risarcimento. Risposta in tempi rapidi».

Ogni anno in Italia vengono intentate 35.600 nuove azioni legali contro medici e strutture sanitarie pubbliche, mentre ne giacciono 300mila nei tribunali. Oltre la metà di queste sono in corso tra Lombardia e Lazio. Ma nel 97% dei casi nell'ambito penale si traducono in un nulla di fatto e con il proscioglimento del medico, però con costi significativi.

Non si può tuttavia parlare di «nulla di fatto» per i costi. Indiretti. La paura delle denunce preoccupa i medici e ha un impatto sull'attività professionale quotidiana. Con il risultato che la medicina difensiva costa al sistema sanitario pubblico circa 10 miliardi l'anno. Per tutelarsi i medici prescrivono un esame in più, una tac che potrebbero evitare: tutto pur di non finire nei guai legali. È quanto emerso di fronte ad Adelchi d'Ippolito, il presidente della Commissione ministeriale per lo studio e l'approfondimento delle problematiche relative alla colpa professionale medica, istituita con un decreto del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, a marzo.

Spesso al centro delle denunce ci sono infezioni correlate all'assistenza sanitaria (6-700mila casi) che si trasformano in decessi nell'1% (parliamo comunque di 6-7mila persone). Si tratta di stime (in Italia non ci sono statistiche attendibili) e i casi sono in diminuzione. Il tema è caro al ministro della Salute, Orazio Schillaci, che si è già espresso a favore di una revisione in senso più protettivo della legge Gelli-Bianco attualmente in vigore. «L'obiettivo non è certo l'impunità, ma quello di individuare un perfetto punto di equilibrio tra la piena tutela del paziente e la serenità del medico, perché un professionista sereno edi interesse della collettività - spiega d'Ippolito, procuratore della Repubblica di Venezia, che negli anni di carriera ha ricoperto tra i vari incarichi anche il ruolo di primo Consigliere del ministero della Salute - Il dato dal quale partiamo eche, su 100 denunce che si fanno contro i medici, solo 3 si concludono con la condanna. Quindi significa che le altre 97 si dimostrano infondate, appesantendo la Giustizia e rendendo i medici più preoccupati, costretti al ricorso alla medicina difensiva».

«La depenalizzazione della colpa medica significa la non imputabilità del medico per omicidio colposo/lesioni colpose. Noi siamo favorevoli, ma vi sono pareri contrastanti tra i giuristi - osserva il presidente di Omceo Milano, Roberto Carlo Rossi - Alcuni ritengono la richiesta anticostituzionale - rimarca - In merito alla questione qualche passo è stato già compiuto attraverso una 'blanda' revisione del Codice penale prevista dalla Legge Gelli, risultata tuttavia poco efficace. Va detto - aggiunge Rossi - che la stessa Gelli non viene equamente e adeguatamente applicata su tutto il territorio nazionale; pertanto, ha un ampio margine di miglioramento. Inoltre, anche da un punto di vista civilistico, i medici sono ancora troppo esposti.

Infatti, se da un lato la legge Gelli favorisce che venga chiamata in causa la struttura sanitaria piuttosto che il medico, dall'altro il medico è a sua volta spesso tratto in causa dalla struttura».

Commenti