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Saviano e gli "autoesiliati" per finta

Lo scrittore: "Vado via". Anche Orsini pronto a lasciare l'Italia. Il vizietto da Eco a Fazio

Saviano e gli "autoesiliati" per finta

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È un paese troppo autoritario per Saviano, nemmeno libero di dare della «bastarda» alla premier, ma come si fa, ma che posto è diventato l'Italia. La sentenza che lo ha condannato (meglio dire graziato: solo mille euro per una diffamazione) è «pericolosa», «dimostra che la democrazia in Italia è in pericolo». E allora che fare, in attesa della liberazione? Fuggire, espatriare, scappare dal regime: «Bisogna capire quanto resto ancora. Vivere qui è sempre più complicato», dice. È un classico l'autoesilio progressista. Un riflesso costante negli ultimi trent'anni, dalla vittoria di Berlusconi in poi, come costante è il risultato: poi restano sempre qui. Ma dove lo trova, Saviano, un altro paese che gli tributa tante attenzioni? L'anno scorso, poco prima delle elezioni, accusò i «fratellisti» di avergli attribuito una fake news («Se vince il centrodestra vivrò all'estero»): «Non ho mai fatto una dichiarazione del genere». Però è più o meno quello che ha detto ieri, dopo la sentenza.

E allora, andare o restare? Soluzione migliore: dire di andare e poi restare. Si attribuisce a Umberto Eco uno dei primi annunci di auto-confino: «Se Berlusconi vince e ci governa per altri cinque anni siamo tutti fottuti» spiegò prima delle elezioni del 2006, aggiungendo che per lui, prossimo alla pensione, sarebbe stato più facile andarsene dall'Italia. Massimo D'Alema gli rispose ironicamente: «Noi siamo più sfortunati perché se Berlusconi vince dobbiamo restare in Italia». Il grande Franco Battiato dichiarò che con la morte nel cuore avrebbe lasciato la Sicilia «se avesse vinto Scapagnini», mai lasciata la Trinacria dopo. Famoso, ai limiti della parodia, l'impegno di Veltroni a lasciare l'Italia, dopo la politica, e trasferirsi in Africa. Poi l'ex segretario Ds non si è mai mosso da Roma centro, dove vive benissimo tra film e impegni culturali.

Più di recente, prima delle elezioni, si sono moltiplicati gli annunci di emigrazione in caso di vittoria di Salvini e Meloni. «Se dovessero vincere: sogni, speranze e bagagli pronti!» ha scritto l'estate scorsa Francesca Pascale, sposata legalmente con la cantante Paola Turci. I bagagli li hanno però disfatti. Disturbato dalle polemiche sul suo maxi-ingaggio in Rai, Fabio Fazio confessò in tv: «Sto pensando di espatriare». Ma l'unica sua migrazione è stata dalla Rai a Discovery. Un campione olimpionico di vittimismo come il professore Alessandro Orsini non poteva mancare dall'elenco: «In Italia non ho più un futuro e progetto la mia fuoriuscita dal mio amato Paese ormai da tempo, al momento opportuno», confessa. Ci si può scommettere: lo rivedremo a lungo da queste parti. Molto in voga la finta partenza tra gli artisti, abituati a recitare. Intellettuali raffinate come Chiara Ferragni, Elodie, Francesca Michielin, Damiano dei Maneskin, hanno chiaramente prefigurato il Medioevo a cui l'Italia andava incontro con il governo Meloni.

Ma anche loro non si sono mossi dall'Italia, a parte le tourné e le marchette di moda fuori dai confini.

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