Cronaca giudiziaria

Da scafisti a pirati. Rapinavano i barchini in arrivo. Quattro arresti

L'inchiesta di Agrigento su un nuovo traffico: sui pescherecci tunisini bande di predatori che con minacce costringevano i disperati a dare denaro e cellulari. Rischiano fino a 20 anni

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Da pescatori e scafisti a pirati è un attimo. L'attività è ben più redditizia e gli sfruttatori dei migranti si sono organizzati. Così, perché perdere tempo a trainare con il proprio motopesca (nave madre) i barchini carichi di migranti lasciandoli alla deriva al largo delle coste siciliane, quando si possono depredare? All'arrembaggio di queste imbarcazioni, il comandante di un peschereccio tunisino e i tre membri tunisini dell'equipaggio ne hanno fatte di razzie, ma adesso sono stati arrestati in un'operazione congiunta di Squadra mobile di Agrigento, sezione operativa navale della Guardia di finanza di Lampedusa e guardia costiera di Lampedusa, coordinata dal procuratore reggente di Agrigento, Salvatore Vella. Sono accusati di pirateria marittima e rischiano la reclusione fino a 20 anni, come previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare di Montego Bay e dal codice della navigazione italiano. I 4 fermi sono stati convalidati dal gip di Agrigento, che ha disposto la misura della custodia cautelare in carcere. Gli arrestati, nello specifico, hanno minacciato i migranti con coltelli, sbarrando la strada se non avessero consegnato denaro e cellulari. Ormai bisogna fare i conti con i pirati che solcano il Mediterraneo in attesa di chi razziare. Sono parecchi i pescherecci non più alla ricerca di pesce, ma di poveri cristi da spennare. E se muoiono, pazienza. È proprio Vella a parlare di «diversi equipaggi di pescherecci tunisini che hanno cessato di essere pescatori e si sono dedicati alla più lucrosa attività di pirati, depredando i numerosi barchini in ferro che continuano a partire dalle coste di Sfax». Il primo assalto di pirati testimoniato da 42 migranti risale al 26 marzo. A fine aprile in un abbordaggio è annegata una bimba di 4 anni. Da allora si sono registrati altri assalti, l'ultimo il 25 luglio, terminato con il naufragio di un barchino, una donna morta e 5 dispersi, tra cui un bimbo. È la prima volta che «nella famigerata rotta migratoria del Mediterraneo centrale - scrive Vella - si contesta agli indagati il reato di pirateria marittima. Le condotte delittuose dei nuovi pirati mettono gravemente a rischio la vita dei migranti, che tentano di attraversare il canale di Sicilia sui precari barchini in ferro di Sfax, ancor più delle già gravi condotte illecite dei trafficanti di essere umani tunisini e libici. L'operazione apre nuovi scenari su quello che ogni giorno accade nella rotta del Mediterraneo Centrale, la rotta migratoria più mortale al mondo, secondo i dati dell'Oim». Il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, sottolinea l'importanza del contrasto all'immigrazione illegale: «Il gravissimo episodio testimonia la pericolosità della rotta del Mediterraneo centrale e l'importanza dell'azione intrapresa da questo Governo per contrastare i criminali, anche garantendo adeguato supporto operativo ai Paesi di partenza dei barchini. È dovere degli Stati agire insieme per sconfiggere questa piaga mondiale che riguarda i Paesi di origine, transito e destinazione delle vittime, per la maggior parte donne e bambini». La procura di Agrigento ha avviato un tavolo tecnico di approfondimento del fenomeno della pirateria in mare nel Mediterraneo centrale con il comando generale delle Capitanerie di porto-Guardia costiera, il comparto aeronavale della Guardia di finanza e il mondo dell'Accademia universitaria.

Le informazioni sono condivise con i Paesi esteri interessati tramite i canali Interpol.

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