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Si lavora all'intesa sul "tesoretto". Ma il Pd attacca sulle intercettazioni. Ipotesi fiducia il 22

L'iter verso l'approvazione della legge di bilancio fa scattare il corto circuito in casa Lega tra il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti e il presidente della Camera Lorenzo Fontana

Si lavora all'intesa sul "tesoretto". Ma il Pd attacca sulle intercettazioni. Ipotesi fiducia il 22

L'iter verso l'approvazione della legge di bilancio fa scattare il corto circuito in casa Lega tra il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti e il presidente della Camera Lorenzo Fontana.

Per accelerare i tempi, gli uffici di via XX settembre predispongono il maxi-emendamento alla legge di Bilancio. Ma da Montecitorio arriva l'alt. Lo scontro si consuma domenica sera, poche ore prima dell'arrivo del ministro Giorgetti in commissione Bilancio alla Camera. Il presidente di Montecitorio Fontana segnala per iscritto, in una missiva inviata al Mef, la richiesta di spacchettare l'emendamento, arrivato come maxi, in tanti emendamenti più piccoli. Il ministro Giorgetti, letteralmente infuriato per la decisione del collega di partito, si sfoga con i componenti della commissione bilancio: «È la prima volta che la Camera chiede una cosa del genere. Prendiamo atto di tanto zelo». Parole che consegnano al presidente della Camera tutta l'irritazione del ministro dell'Economia.

È ormai tensione a tutto campo tra Fontana e il capo del Mef.

Ma anche in commissione, la trattativa per la definizione della manovra fa registrare malumori da parte di tutte le forze politiche. Il terreno di scontro è il tesoretto (inizialmente di 400 milioni di euro) messo a disposizione del Parlamento che si riduce a 200 milioni. «Non esiste che dopo 5 giorni di lavori, quando mancano 18 ore alla fine, non c'è certezza su un solo emendamento partito dalla Camera», si lamenta un parlamentare. L'altra miccia viene piazzata con le intercettazioni. Il governo con un emendamento cambia le regole per quelle disposte dagli 007: saranno a tempo, per 40 giorni prorogabili di 20 in 20. I dati acquisiti verranno distrutti entro sei mesi ed il procuratore generale della Corte d'Appello di Roma potrà autorizzarne la conservazione per 24 mesi al massimo. Le spese, infine, non saranno più coperte dal ministero della Giustizia ma dal Copasir, anche per evitare la circolazione di informazioni riservate fuori dal comparto. Il Pd si ribella: «Intercettazioni poste sotto il controllo politico, Stato di polizia».

Il clima si surriscalda mentre tra i corridoi di Montecitorio rimbalza una proposta d'intesa per chiudere la partita e andare in Aula. Dei 200 milioni della dote per le modifiche parlamentari il governo avrebbe offerto all'opposizione una ripartizione a metà: 100 milioni per la maggioranza e 100 per il centrosinistra. Si tratta a oltranza. I cinque emendamenti presentati dal governo riscrivono la manovra. La commissione Bilancio riprende l'esame del testo alle 18.30. Si deve votare il relatore di maggioranza. Mentre la conferenza dei capigruppo si riunisce alle 21.30 per fissare i tempi verso l'ok. Si proverà a chiudere tutto il 21 dicembre per andare in Aula il 22 dicembre con la fiducia. Non ha dubbi il ministro Giorgetti: «Sicuro dell'approvazione prima di Natale». Le opposizioni attaccano: «Continui rinvii, riunioni convocate e poi annullate, testi sbagliati, pareri controversi. Impossibile approvare la manovra in Commissione. Abbiamo chiesto intervento del Presidente della Camera» - incalza Serracchiani. Il Terzo Polo sale sulle barricate. Dal fronte della maggioranza Ylenia Lucaselli di Fdi fissa il timing: «Si andrà in Aula mercoledì».

Dentro il Palazzo però, il Pd apre un canale di confronto con la maggioranza. Il capogruppo Serracchiani si siede a tavolo con gli esponenti del centrodestra: «È stato un primo incontro interlocutorio. Abbiamo chiesto delle risposte sui temi per noi fondamentali: opzione donna, la sanità pubblica, i Lep, i lavoratori dello spettacolo. È la prima volta che avviene questo confronto, vediamo le risposte». La partita politica nel centrodestra si delinea. Fi è fiduciosa sugli obiettivi: «Questa manovra ci convince. Forza Italia sta facendo un grande lavoro in Commissione per migliorarne alcuni aspetti.

Siamo ad un passo per ottenere le pensioni minime a 600 euro, per togliere le tasse agli imprenditori che assumono giovani under 35 e tornare alle vecchie scadenze per il 110 per cento» - commenta il capogruppo Alessandro Cattaneo. La meta si avvicina. La fatica raddoppia.

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