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La sinistra usa la Salis per colpire il governo

Schlein guida l'assalto: "Meloni timida con Orbán". Accuse pure per le scritte sui muri: "Clima d'odio"

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Quel che era inopportuno e persino dannoso, la sinistra lo ha fatto. Dopo che il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó, aveva parlato nelle scorse ore di «interferenze» italiane sul caso giudiziario di Ilaria Salis, il buon senso avrebbe suggerito di non soffiare sul fuoco per evitare ulteriori strumentalizzazioni poco utili alla vicenda. Diversamente, Pd e progressisti hanno usato le esternazioni dell'esponente governativo di Budapest per colpire l'esecutivo guidato da Giorgia Meloni e riaccendere le scaramucce di natura politica. A guidare le rimostranze è stata per prima Elly Schlein. «Trovo imbarazzante l'atteggiamento timido di questo governo verso l'alleato Orban», ha attaccato la segretaria dem, esprimendo poi la propria solidarietà alla famiglia Salis per le scritteli comparse vicino all'ambasciata d'Ungheria a Roma. A poche ore dalle fragorose dichiarazioni del ministro Szijjártó, infatti, nei pressi della sede diplomatica erano state tracciate svastiche, croci celtiche e minacce di morte nei confronti dell'insegnante detenuta a Budapest con l'accusa di aver aggredito due neonazisti. «Ci preoccupa la tendenza alla normalizzazione dell'estrema destra. I Popolari europei intendono tradire la loro cultura politica scivolando verso il richiamo dei nazionalisti?», ha incalzato ancora Schlein, trascinando nuovamente la vicenda sul terreno melmoso e improprio dello scontro politico. Allo stesso modo, il responsabile Esteri del Partito Democratico, Peppe Provenzano, ha chiamato in causa il governo e la senatrice Avs, Ilaria Cucchi, ha definito le inquietanti scritte vicino all'ambasciata «una cosa gravissima, che dimostra che sulla vicenda di Ilaria Salis sta montando un clima d'odio». Quelle stesse tensioni, tuttavia, rischiano d'essere ulteriormente alimentate proprio dall'imprudente politicizzazione del caso di cui la sinistra nostrana si sta così rendendo complice e protagonista. Nella fattispecie, rimproverare al governo italiano di non fare abbastanza nei confronti di quello ungherese (accusa peraltro opinabile) significa aumentare i nervosismi politici che già non mancano, come dimostrano proprio le recenti uscite del ministro di Viktor Orbán. Piuttosto, appare invece avveduto il lavoro di sponda che la Farnesina sta continuando a fare. «Ci siamo preoccupati di ciò di cui dobbiamo, cioè della tutela dei diritti del detenuto.

Lo facciamo per la signora Salis come per tutti i detenuti italiani nel mondo», aveva affermato nelle scorse ore il nostro ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ribadendo che «qualora venissero concessi gli arresti domiciliari alla signora Salis, dovrà essere garantita la sicurezza della detenuta e dei suoi familiari».

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