Guerra in Israele

Stupri, la guerra di Israele si sposta all'Onu

Per il governo il testo sulle violenze elenca i crimini ma non accusa Hamas. Guterres nel mirino

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Il «wrestling» fra l'Onu e Israele ieri ha conosciuto una svolta, forse perché stavolta l'argomento era il più doloroso, il più urticante della tragedia del 7 ottobre, e Israele, dopo che per cinque mesi aveva aspettato una parola di sincerità, avendone ricevuto solo mezza non ha potuto sopportarlo. Si tratta di violenza mai vista, dello stupro di massa usato come arma di guerra. Tutto il mondo avrebbe dovuto porgere la mano ai kibbutz, alle famiglie investite questa tragedia e invece ha rifiutato finora di riconoscere l'orrore solo perché compiuto contro le donne (e anche i ragazzi) israeliane. Adesso, la rappresentante speciale dell'Onu per la violenza sessuale, Pramila Pattern, ha concluso la sua lunghissima ricerca esaminando per cinque mesi decine di persone e migliaia di documenti per stabilire che «informazioni chiare e convincenti dimostrano che sono state compiute violenze sessuali inclusi stupri, torture sessuali, e trattamenti crudeli disumani e degradanti contro gli ostaggi», e molto altro (facile trovare e leggere le illeggibili nequizie elencate) e ha denunciato la possibilità che gli ostaggi seguitino a subire oggi torture sessuali.

Giusto. Ma il ministro degli esteri Israel Katz, invece di annuire, ha richiamato per consultazioni l'ambasciatore all'Onu Gilad Erdan, e ha spiegato che il rapporto stabilisce i crimini, ma non individua i criminali, gettando la colpa a destra e a manca. A fronte di così immensi crimini contro l'umanità, dice Katz, Guterres doveva convocare il Consiglio di Sicurezza e proporre che Hamas fosse dichiarata «organizzazione terrorista» con le relative conseguenze. «I crimini sessuali commessi da Hamas sono la cosa più seria portata dinanzi all'Onu durante tutta la storia dello Stato d'Israele - ha spiegato - Non c'è niente di comparabile, e quindi lo Stato deve agire per la dignità delle vittime abusate e uccise e i cui corpi sono stati esecrati anche dopo la morte, e per il bene degli altri ostaggi». L'abitudine alla malevolenza dell'Onu è una consuetudine, Israele è un bersaglio fisso della maggioranza automatica. A dicembre 2023 l'Onu ha messo sotto accusa Israele con tre diverse risoluzioni, concludendo l'anno con un totale di 14 risoluzioni a fronte di sette per tutto il resto del mondo, compresi Corea del Nord, Russia, Iran, Cina, Turchia. Il paradosso si accoppia con tre risoluzioni del Consiglio di Sicurezza per fermare la guerra contro Hamas, che gli Usa hanno bloccato col veto.

Guterres, all'indomani dell'attacco disse che certo Hamas era riprovevole, ma che l'attacco non avveniva «nel vuoto»: citò poi 56 di anni di occupazione, anche se Gaza è stata del tutto sgomberata dal 2005. Allo scontro perenne, da quando la maggioranza terzomondista dell'Onu identificò Israele col potere «imperialista, colonialista, bianco, genocida» legato agli Usa, si è sommata la scoperta, presentata dallo spokesman dell'esercito Daniel Hagari, del colloquio da incubo del 7 ottobre fra un certo Mamdouh al Qali, maestro dell'Unrwa e un suo amico. Ridono, gli dice che è coi terroristi «dentro», e gli comunica che porta a casa una «cavalla», cioè una ragazza israeliana; la chiama anche «sabaja», la parola araba con cui l'Isis chiamava le schiave sessuali yazide. Hagari ha dato altri quattro nomi di terroristi dell'Unrwa che si uniscono ai 450 parte anche di Hamas. Ma nonostante lo scandalo mondiale, Guterres preferisce aspettare, soppesare, prima di accettare la prova che l'organizzazione dell'Onu è marcia.

Avigdor Lieberman, ex ministro degli Esteri, propone che sia definito «persona non grata», anche se lui adesso garantisce la massima pubblicità al documento della signora Pattern. Troppo audace? Oppure finalmente un suggerimento all'Onu perché cambi strada?

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