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Quei gufi della sinistra contro il governo Meloni

I governi di centrosinistra sono stati sempre più brevi e più litigiosi proprio sul tema della politica estera

Quei gufi della sinistra contro il governo Meloni

“Durerà sei mesi”, assicura Carlo Calenda. “Se non sarà europeista e atlantista non potrà durare a lungo”, profetizza Enrico Letta. Per la sinistra, il governo Meloni che è appena nato è già morto o morente.

Fino a pochi giorni fa si accusava la Meloni di essere in ritardo nella formazione del nuovo governo, mentre oggi si scopre che ha bruciato molti record. Considerando che le Camere si sono insediate solo il 13 di ottobre, il governo Meloni è stato il più veloce di sempre, a parimerito con il quarto e ultimo governo Berlusconi. Ora, le opposizioni scommettono che avrà vita breve, ma in realtà, numeri alla mano, sono proprio i governi di centrosinistra a esser durati poco e a non aver sempre avuto una politica estera lineare. “Storicamente, dalla Seconda Repubblica in poi, eccetto il governo Renzi, gli altri esecutivi di centrosinistra sono durati poco perché le coalizioni erano talmente ampie e le maggioranze talmente risicate che bastava un niente per determinarne la caduta”, spiega a ilGiornale.it il politologo Luigi Di Gregorio, docente di comunicazione politica all'Università della Tuscia e della Luiss.

Il Berlusconi-bis e il Berlusconi-quater sono, infatti, i due governi più longevi dal Secondo Dopoguerra a oggi. Il secondo esecutivo guidato dal leader di Forza Italia restò in carica per 1412 giorni (dal 2001 al 2005), mentre l'ultimo governo Berlusconi durò ben 1287 giorni (dal 2008 al 2011). Matteo Renzi, tra tutti i leader del Pd divenuti presidenti del Consiglio, è quello che ha governato più a lungo, per la precisione 1024 giorni (dal 2014 al 2016). Sia il primo sia il secondo governo Prodi, però, hanno avuto una vita inferiore ai 900 giorni, mentre il governo Gentiloni si è fermato a poco più di 500 giorni e quello di Letta ad appena 300.

Ma non solo. “L'ultimo governo di centrosinistra, uscito dalle urne, il Prodi bis, è caduto proprio per motivi legati alla politica internazionale”, ricorda Di Gregorio. Era il lontano 2007 quando Franco Turigliatto, senatore di Rifondazione Comunista, insieme al collega Ferdinando Rossi del Pdci, decise di astenersi sulla mozione dell'allora ministro degli Esteri, Massimo D'Alema, sulla politica estera. Decisione che, all'epoca, in Senato, corrispondeva a un voto contrario. Anche se, ufficialmente, il Prodi-bis cadde su un voto di fiducia riguardante la vicenda di Clemente Mastella, iniziò a traballare fortemente da quel momento in poi. Momento che determinò il passaggio di Turigliatto all'opposizione di un governo già estremamente fragile nei numeri, proprio in Senato.

“Mediamente il centrodestra ha una storia più solida: i partiti sono sempre gli stessi dal '94 in poi, mentre a sinistra c'è stato un rimescolamento continuo con partiti nati e morti nel giro di pochi anni. Potenzialmente, quindi, un governo di centrodestra può durare più di uno di centrosinistra”, sentenzia il politologo Di Gregorio che pone l'accento su due vantaggi di cui gode il centrodestra: “Solitamente è composto da poche sigle e ha maggioranze più ampie. È successo oggi, nel 2008 e anche nel 2001”. Ma non solo. A dispetto delle polemiche degli ultimi giorni “è evidente che sulla politica estera - spega Di Gregorio - il centrodestra è più compatto del centrosinistra anche perché Letta, Calenda e Conte hanno posizioni diverse sulla guerra e sull'atlantismo”. Secondo il politologo “la politica estera non sarà un problema per la tenuta di governo anche perché la linea Meloni sull'Ucraina, invece, è molto chiara e sia Berlusconi sia Tajani si sono sempre dichiarati atlantisti ed europeisti”.

Oltrettutto “anche l'elettorato di centrodestra è sempre stato atlantista, mentre l'elettorato di sinistra è più composita”, chiarisce Di Gregorio. E, in effetti, ogni qual volta la sinistra ha votato la partecipazione a un conflitto si è sempre ritrovata le piazze piene di pacifisti dei centri sociali (e non solo) pronti a protestare. Ciò non è mai avvenuto nei confronti del centrodestra da parte dei suoi sostenitori. Infine, il politologo è convinto che “l'alternativa a questo governo, in materia di politica estera, non sarebbe certamente più solida. Ma, anzi le dichiarazioni di Conte, dopo l'incontro con Mattarella, fanno pensare tutt'altro”. Il leader del M5S, infatti, prima ha avanzato la pretesa che il prossmo governo sia europeista e atlantista e, poi, poco dopo ha annunciato che non avrebbe votato un nuovo invio di armi a Kiev. Non va, inoltre, dimenticato che proprio la posizione ambigua di Conte ha determinato le fibrillazioni nella maggioranza, la scissione dei dimaiani e l'inevitabile caduta del governo Draghi.

Insomma, la sinistra, prima di fare le pulci agli avversari, dovrebbe guardare in casa propria.

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