Politica estera

"Sulle feste ingannò il Parlamento". Johnson infuriato: "Assassinio politico"

La Commissione bipartisan lo accusa di menzogne deliberate. Ma l'ex premier rifiuta le conclusioni: "Non hanno prove"

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Sul partygate ha deliberatamente mentito e fuorviato il Parlamento, ha interferito nel normale corso dei lavori delle Camere, ha violato la fiducia nelle istituzioni democratiche. Peggio di così non poteva andare per l'ex premier britannico Boris Johnson. Ieri, dopo 14 mesi di lavoro e molte anticipazioni, è stato ufficialmente diffuso il rapporto della commissione parlamentare che ha indagato sulle feste dei politici nel periodo di lockdown e come ormai tutti si attendevano per BoJo è una condanna su tutta la linea.

Del resto è perché lui l'aveva letto in anticipo che aveva deciso di rassegnare le proprie dimissioni, gridando all'assassinio politico e accusando la commissione, presieduta dalla laburista Harriet Hartman, di aver messo su una caccia alle streghe per forzarlo a dimettersi. Sicuramente la relazione picchia durissimo, forse peggio di quanto ci si sarebbe aspettati. Rileva per esempio che Johnson è stato «complice della campagna di abusi e tentativi di intimidazione del Comitato» sottolineando che «è altamente improbabile che, alla luce della sua esperienza personale, potesse aver sinceramente creduto, nel momento in cui ha parlato alla Camera, che le regole e le linee guida anti-Covid fossero state rispettate». E altrettanto improbabile è che «potesse continuare a crederci quando ha deposto di fronte alla Commissione». Un'offesa resa più grave dalla persona del suo autore, il membro più anziano del governo. Inizialmente la sanzione suggerita sarebbe stata una sospensione di 10 giorni dal Parlamento, ma dopo le dichiarazioni offensive di Johnson i giorni sono diventati 90 con divieto totale di accesso agli uffici, anche solo per incontrare degli ex colleghi. Si è saputo inoltre che qualcuno aveva anche proposto l'espulsione, un'ipotesi che però non ha ricevuto l'appoggio della maggioranza.

Dato che l'ex leader conservatore si è dimesso nessuna di queste soluzioni è praticamente percorribile, ma la loro gravità rimane. Spetterà ora al Parlamento lunedì, accettare o meno questi suggerimenti. Intanto ieri, la giornata è proseguita in un convulso susseguirsi di commenti e dichiarazioni da parte di critici e alleati. Le associazioni formate dai parenti dei morti per Covid chiedono a BoJo formali scuse mentre la leader ombra dei Comuni, Thangam Debbonaire, ha dichiarato che Johnson dovrebbe restituire ai contribuenti ogni penny delle 245mila sterline pagate per il legale che l'ha assistito. In difesa di BoJo, l'alleato di sempre, ora Sir proprio grazie allo stesso Johnson, Jacob Rees-Mogg che ritiene il rapporto «fondamentalmente imperfetto».

«Il vero problema è che a presiedere la commissione e a redarre le conclusioni - ha sostenuto - è stata la laburista Hartman che si era già dimostrata molto aggressiva nei confronti del premier nell'aprile del 2022». «Mi auguro di non vederlo mai più in questo Parlamento - ha tuonato invece il laburista Chris Bryant - finalmente giustizia è fatta. Ha mentito, ripetutamente. E ha mentito sapendo di mentire, è un mascalzone e spero di non vederlo di nuovo in politica». Ipotesi quest'ultima che, per quanto gravi e devastanti siano i giudizi del comitato, non è data per certa. I supporters dell'ex Premier, che sta per avere il terzo figlio dall'ultima moglie Carrie, sostengono sia pronto a tornare, una volta passata la buriana, come già è accaduto altre volte.

Per ora il premier Sunak non ha voluto commentare il rapporto, ma ha dato libertà di scelta ai suoi colleghi nella votazione di lunedì, a cui, è molto probabile, eviterà di prendere parte.

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