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Il Tesoro chiama la Guardia di Finanza. Contro gli sciacalli si muove la Procura

In settimana primi riscontri delle Fiamme gialle. Esposto dei consumatori all'Antitrust

Il Tesoro chiama la Guardia di Finanza. Contro gli sciacalli si muove la Procura

La caccia agli sciacalli del caro pieno è in corso: il governo e la Procura di Roma stanno stringendo il cerchio per capire se, dopo lo stop allo sconto sulle accise dei carburanti (18,3 centesimi), qualcuno ha fatto la cresta, spingendo soprattutto lungo la rete autostradale il costo di un litro di verde oltre i due euro e il gasolio a un soffio dai 2,5 euro. I primi risultati dell'indagine sono attesi questa settimana e già domani il dossier potrebbe finire sul tavolo del Consiglio dei ministri per un primo esame. La partita è da brivido: ai corsi attuali l'incasso delle accise potrebbe superare i 40 miliardi, contro i 23,8 i miliardi del 2021. Praticamente una manovra.

Si tratta di una situazione intricata, degna del capolavoro di Giovanni Boccaccio. Perché il Decameron se da un lato contrappunta di ogni astuzia la «ragion di mercatura», dall'altro condanna la stupidità indipendentemente che si tratti di «popolani» o di «dottori». Vedremo se anche nel caso del caro-pieno qualche novello Caladrino, convinto di essere più furbo degli altri, avrà la peggio.

Il governo ha infatti spedito la Guardia di Finanza tra i distributori per monitorare, insieme a Mister prezzi, la fiammata di gasolio e benzina. O meglio dal Tesoro trapela come Giancarlo Giorgetti avesse ordinato alle Fiamme Gialle di monitorare la situazione già a dicembre e lo stesso ha fatto il titolare delle Imprese Adolfo Urso con Mister Prezzi. Sebbene la prevenzione sia il miglior rimedio, qualcosa potrebbe non aver funzionato sotto il profilo della concorrenza. Molte le categorie in allarme: Coldiretti fa notare come i rincari ricadano sull'88% delle merci e i taxisti si dicono allo stremo. Le associazioni dei consumatori insorgono e tirano per la giacca anche l'Antitrust. Il Codacons presenterà oggi un esposto al Garante, chiedendo di aprire una pratica «per possibile cartello anticoncorrenza» sui carburanti e di acquisire dall'intera filiera la documentazione per capire se sia in atto una manovra speculativa sui prezzi alla pompa. La stessa associazione chiede agli automobilisti di «boicottare» i distributori più costosi su tutto il territorio nazionale. Oltre che di fotografare e recapitare le foto degli sciacalli che fanno pagare più di 2 euro il carburante così da mostrare le prove alle autorità. La tesi è limpida quanto un filo semplicistica: l'incremento alla pompa mal si sposa con l'andamento del petrolio che in due mesi ha subito un deprezzamento del 25,5%: in Europa il Brent è sceso dai 99 dollari al barile (7 novembre 2022) agli attuali 73,7 dollari e non molto diverso è andata all'americano Wti.

È già in campo anche la Procura di Roma che lo scorso marzo - davanti all'improvviso balzo dei prezzi di gas, luce e carburanti - aveva aperto un procedimento per verificare le ragioni dei rincari e smascherare eventuali responsabili.

I gestori si difendono: «non c'è speculazione», dice Bruno Bearzi, presidente nazionale della Figisc-Confcommercio che rappresenta insieme a Confesercenti gli impianti italiani. L'aumento dipende dalla decisione di cancellare lo sconto» sulle accise. Ma ci può essere chi fa il furbo? «Siamo 22mila, non lo voglio escludere ma non è con quattro centesimi che si fa speculazione. È più facile andare alla fine della filiera invece di entrare nella stanza dei bottoni di chi decide il prezzo. Si cerca sempre un capro espiatorio», conclude Bearzi. Si vedrà quali saranno le conclusioni degli inquirenti e quali le mosse del governo, ma di certo sarebbe sbagliato fare di tutta l'erba un fascio.

Vale però qui una premessa: quando, come ora, le tasche di molte famiglie sono già vuote a causa del caro bollette ancora più severa deve essere la pena inflitta agli eventuali furbetti. Perché se Cicerone scriveva «non intellegunt homines quam magnum vectigal sit parsimonia», resta il fatto che anche l'attenzione ai consumi non può andare oltre la logica.

Pena la certezza di spedire l'intero Paese in recessione.

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