Politica estera

Trump nell'angolo. Non trova i soldi per la multa milionaria

Entro il 25 marzo, il tycoon deve sborsare 464 milioni di cauzione alla procura di Ny per ricorrere in appello

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Donald Trump è stretto in un angolo dal quale stavolta difficilmente riuscirà a uscire. La giustizia newyorchese, a trazione democratica (sono Dem la procuratrice Letitia James e il giudice Arthur Engoron), non gli lascia scampo. Entro il 25 marzo, la Trump Organization deve pagare la multa da 464 milioni di dollari per la frode commerciale della quale il tycoon e i figli Eric e Donald Jr sono stati riconosciuti colpevoli in primo grado, per avere gonfiato il valore dei loro asset immobiliari.

In capo all'ex presidente e candidato Gop alla Casa Bianca pesano ben 454 milioni, che con gli interessi crescono di 112mila dollari al giorno. Per ricorrere in appello, la legge gli impone di versare l'intera multa, oppure di farsela garantire con una cauzione da una compagnia assicurativa, per la quale però deve mettere sul tavolo collaterali per un valore del 120% della cifra, oltre 557 milioni.

Ad oggi, Trump non è riuscito a trovare qualcuno disposto a correre questo rischio. Nonostante gli «sforzi diligenti» dell'ex presidente, hanno ammesso i suoi avvocati dopo avere consultato 30 compagnie, è «impossibile» ottenere quella cifra. Una situazione imbarazzante, che dovrebbe suonare per Trump come un pericoloso campanello d'allarme. È un segnale di sfiducia nelle possibilità di successo dell'appello e, in ultima analisi, nelle sue possibilità di tornare alla Casa Bianca. Al riguardo, non sono del tutto rassicuranti nemmeno i risultati delle ultime primarie in Ohio, Arizona, Illinois, Kansas e Florida, dove uno zoccolo duro di repubblicani moderati, fino al 20%, continuano a preferirgli Nikki Haley, ormai uscita di scena.

I media Usa tornano a interrogarsi sulla reale consistenza della ricchezza di Trump. Bloomberg e Forbes continuano ad attribuirgli un patrimonio fino a 3,1 miliardi di dollari, in gran parte asset immobiliari. Ma il cash? Lo scorso anno lui stesso dichiarò durante il processo di disporre di «400 milioni di dollari, in eccesso». Insufficienti per pagare la mega multa. Peraltro, la cassa è già stata intaccata dai 91 milioni di dollari che il tycoon ha dovuto versare alla scrittrice E. Jean Carroll, dopo la condanna in primo grado per diffamazione. Trump, in questo caso, non può nemmeno attingere alle casse delle donazioni elettorali, alle quali già fa ricorso per pagare le parcelle milionarie dei suoi avvocati. L'unica strada sembra quella della vendita di alcuni dei pezzi più pregiati dell'impero, come la Trump Tower e il 40 Wall Street. Difficile che ci si riesca in pochi giorni.

«Mi costringono a svendere i miei asset», ha tuonato martedì il tycoon, che a questo punto può solo sperare nella generosità di un ricco benefattore o in un parziale sconto da parte dei giudici di appello chiamati a decidere se accettare o meno i 100 milioni di dollari di cauzione che finora è riuscito a trovare. Altrimenti, come annunciato dalla procuratrice James, scatterà il sequestro dei beni.

L'ultimissima spiaggia potrebbe essere la dichiarazione di bancarotta, ma sarebbe un'onta troppo grande per un uomo che ha fondato sul mito della ricchezza e dell'infallibilità nel business gran parte delle sue fortune elettorali.

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