Cronaca internazionale

Tunisia, pronta l'ondata: "Arriviamo"

A El Amra almeno 5mila disperati si preparano a partire: "Mare calmo, in 6 ore a Lampedusa"

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El Amra (Tunisia) - «Arriviamo, arriviamo! La Guardia costiera italiana deve avvicinarsi così ci aiuta e in sei ore saremo a Lampedusa», annuncia un gruppetto di giovani sudanesi pronti a tutto. Qualcuno ha già provato «due o tre volte ad attraversare il mare, ma sta arrivando il beltempo e questa volta ce la faremo a sbarcare in Italia». Da giorni non arrivano barchini dalla Tunisia, ma oggi le condizioni del mare migliorano e si teme l'ondata. Uno dei Caffè di El Amra sembra un pezzo d'Africa a sud dell'Equatore affollato di migranti che guardano una partita di calcio in tv. I sudanesi sono di casa. La cittadina, 40 chilometri a nord di Sfax, è il nuovo bivacco dei migranti e hub delle partenze verso Lampedusa. La costa, a un pugno di chilometri, è il punto più breve della rotta verso l'Italia.

La scorsa settimana le forze di sicurezza tunisine hanno rastrellato i migranti dal centro di Sfax spostandoli a El Amra. Si calcola che nella zona siano almeno 5mila pronti a imbarcarsi sui pericolosi barchini in ferro. Tutti vivono allo sbando e hanno di fatto invaso questo piccolo centro. Molti stanno arrivando a piedi da Sud in piccole colonne lungo la strada asfaltata. Gran parte dei migranti bivacca sotto gli olivi alla periferia della città. Un campo desolato dove si notano sotto ogni albero gruppetti di africani. Mohammed, un altro sudanese, indossa una polo della Polizia italiana: «L'ho comparata in un negozietto».

Sotto un olivo, che garantisce un minimo di ombra nella calura tunisina, usa dei cartoni come giaciglio. «I miei amici sono già partiti per l'Italia - racconta -. Li seguirò in questi giorni. Il prezzo cambia da persona a persona. Al momento il viaggio sui barchini costa 2mila dinari tunisini (600 euro)». In realtà le tariffe si abbassano anche a 400 euro come se fosse una vera e propria tratta low cost dei trafficanti, che attira migranti pure dalla Libia, dove si paga il doppio. Su una strada sabbiosa che porta alla costa troviamo un grosso barchino di ferro. «I trafficanti devono averlo trasportato con un camion da qui verso il mare, ma poi sono stati intercettati e si vede che è stato messo fuori uso dalla Guardia nazionale», spiega la giornalista italo-tunisina Samar Zaoui.

Sul bagnasciuga ci sono altre carcasse di barchini costruiti in maniera rudimentale saldando alla buona delle lamiere di ferro. La bagnarola media può imbarcare una quarantina di persone stipate come sardine. Veri e propri barchini della morte che affondano se il mare è un po' mosso. La Guardia nazionale ha lanciato nelle ultime 48 ore dei raid nella regione di Sfax arrestando 16 trafficanti E sono riusciti a sequestrare 19 barche in ferro. Al confine con l'Algeria hanno fermato 4 passeur che portavano i migranti fino a Tunisi. Nel paese gli arrivi sono aumentati del 60% rispetto allo scorso anno. Un altro punto di ingresso è la Libia che i migranti attraversano schivando i controlli tunisini. Nel deserto ci sono le orme di chi passa anche a piedi nudi.

La prima tappa dopo il confine è Zarzis, che raggiungono seguendo la linea dei piloni dell'elettricità. La cittadina meridionale è invasa dai migranti, che bivaccano nelle piazzette, in strada e in un campo abbandonato vicino al «fortino» dell'Onu. La sede dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) è una piccola e bassa costruzione bianca circondata dal reticolato sulle mura di cinta e con un portone blu sprangato. Il «fortino» è assediato ogni mattina da centinaia di migranti tenuti a bada a stento dalla sicurezza e da una barriera di transenne. «Ci servono documenti e un minimo di aiuto per sopravvivere. Non abbiamo niente», ripetono in coro. Quando le giovani funzionarie con la pettorina blu e la scritta bianca Unhcr escono dal «fortino», i migranti premono ancora di più per farsi consegnare l'agognato foglio di carta con la data del colloquio sul loro status. «Guarda la data dell'appuntamento: fra un mese. E nel frattempo cosa faccio? Se vengo fermato dalla polizia mi rimandano in Libia», spiega un giovane somalo. Maglietta blu e la scritta in italiano «finché c'è speranza», pubblicità di una birra. Altri accampati vicino al fortino sono migranti economici sub sahariani, che rincorrono l'inesistente Eldorado italiano.

Alle transenne la tensione è alta e scoppia una rissa fra migranti sul posto in fila. Il personale dell'Onu non è sufficiente e lavora sotto pressione. In molti che ottengono l'agognato tesserino plastificato come rifugiato o richiedente asilo lo fanno vedere protestando «che non serve a niente.

Non mi dà da mangiare, non mi protegge e non mi aiuta a raggiungere l'Europa».

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