L'analisi del G

Tunnel, spie e commando. Una partita a scacchi giocata di nascosto per preparare la battaglia

Hamas ha usato il rilascio degli ostaggi per ritardare l'offensiva. Ma gli assaltatori israeliani travestiti da arabi hanno già eliminato 18 capi avversari E nel nord Hezbollah non mostra di volersi muovere

Tunnel, spie e commando. Una partita a scacchi giocata di nascosto per preparare la battaglia

I leader di Hamas sanno bene che una volta iniziata la controffensiva israeliana perderanno la loro più grande risorsa: i tunnel interconnessi in cui i razzi vengono assemblati (e portati alle postazioni di lancio), in cui vengono immagazzinate le parti delle fusoliere e il propellente necessario per costruirli, e in cui i motori e le testate vengono fabbricati in quantità, con altri tunnel utilizzati per tutto quello che serve. Si va dalle esercitazioni a fuoco svolte in modo da non essere individuate dai palloni aerostatici o dai radar (che producono immagini simili a foto in ogni situazione di visibilità) ai tunnel del quartier generale e persino alle aree di riposo per i miliziani al sicuro dagli attacchi aerei.

Costruita con il cemento e il tondino di ferro donati dall'Unione Europea, dal Qatar e da enti di beneficenza sia islamici che occidentali «per costruire alloggi per i rifugiati», e consegnati a Gaza attraverso il porto israeliano di Ashdod - i governi israeliani che hanno cercato di limitare le importazioni di cemento sono stati tempestati di proteste per i «diritti umani» violati - la rete di tunnel ha iniziato a svilupparsi un po' alla volta una decina di anni fa per raggiungere le dimensioni attuali: i soldati-analisti israeliani la chiamano Underground, come la metropolitana di Londra...

La scoperta che Hamas si stava dando da fare per costruire i tunnel è stata anche l'inizio di un lungo processo di apprendimento da parte dell'esercito israeliano, che ha dovuto imparare l'arcana arte di trovare, conquistare («sgomberare» è riduttivo) e demolire il più rapidamente possibile le gallerie.

La prima scoperta è stata che la guerra sotterranea non è cosa per dilettanti, e nemmeno per «commandos» (compresi i reparti di élite come Sayeret Matkal), certo altamente qualificati ma pur sempre con competenze generiche: richiede abilità e attrezzature molto specifiche per l'individuazione e il monitoraggio, abilità e armi da combattimento molto ravvicinate (persino i fucili d'assalto compatti sono troppo lunghi), l'uso di scudi e respiratori specializzati, nonché la capacità di reazione rapida che tutti i soldati di prim'ordine devono avere. Hamas sa per esperienza che più la distanza è ravvicinata, maggiore è il divario qualitativo tra i suoi uomini e la fanteria israeliana di prima linea (fu Arik Sharon, che finì per diventare Primo Ministro dopo una brillante carriera militare, a scoprire per primo negli anni '50 che gli israeliani avevano un vantaggio nel combattimento ravvicinato). Anche nei recenti e purtroppo riusciti raid a sorpresa, che hanno sfruttato appieno un eccesso di sicurezza di Israele nell'affidarsi a torri di osservazione ad alta tecnologia e a un numero assurdamente basso di truppe, Hamas ha perso più di mille uomini, uccisi dalle locali guardie civili con le loro pistole e mitragliatrici e dalla manciata di soldati presenti.

Conoscendo la situazione sul campo, Hamas sta facendo tutto il possibile per ritardare l'offensiva israeliana contro i tunnel, rilasciando gli ostaggi a coppie dopo lunghe trattative per ogni piccolo gruppo. A due alla volta, con più di 200 persone ancora da liberare, ammesso che siano ancora vive, l'offensiva non inizierà prima dell'anno prossimo.

Oltre all'attesa estenuante, con 360.000 riservisti richiamati in servizio oltre ai 160.000 in servizio attivo (l'intero esercito britannico è composto da 80.360 persone, compresi i Ghurka, e l'esercito statunitense da 452.689), la questione molto pratica da risolvere è come tenere gran parte della forza lavoro israeliana lontana dalle aziende e i genitori lontani dalle loro famiglie. Almeno per questi problemi, in realtà, la soluzione è stata trovata proprio in ciò che rende Israele così vulnerabile: si tratta di un Paese molto piccolo, e i soldati provvisoriamente mandati in licenza dalle unità schierate di fronte a Gaza possono essere autorizzati a tornare a casa per vivere e lavorare, e comunque essere di ritorno in poche ore nel caso siano chiamati a lanciare l'offensiva. Oggi non sono certo necessari per la difesa in loco, visto che le difese sono in stato di allerta, con unità di guardia disseminate lungo tutto il perimetro della Striscia, dove avrebbero dovuto essere da sempre.

(L'eccesso di fiducia è una caratteristica israeliana: il 6 ottobre 1973, quando l'esercito egiziano attraversò il Canale di Suez con decine di migliaia di soldati, solo 411 riservisti israeliani presidiavano i 17 fortini disposti lungo il Canale).

Il ritardo nel lanciare l'offensiva, per molti versi fonte di profonda frustrazione, non preclude certo ogni azione offensiva. Sia l'esercito israeliano che il servizio di sicurezza Shin Bet dispongono di unità di combattenti individuali qualificati che parlano perfettamente l'arabo con accento palestinese e che possono ben cavarsela nella parte di giovani locali. Mimetizzandosi, con tutta la confusione causata dai bombardamenti, sono stati in grado di entrare con successo nella Striscia di Gaza per cercare i leader di Hamas. Finora sono stati pubblicati i nomi e le foto di 18 comandanti e capi politici del movimento terrorista trovati e uccisi- e la mini-campagna continua.

Nel frattempo, l'esercito sciita di Hezbollah al di là del confine libanese, con un arsenale stimato di 150.000 missili, un numero davvero enorme (il totale di razzi lanciati finora sinora dalla Striscia di Gaza è inferiore a 8.000) che le batterie Iron Dome di Israele hanno potuto intaccare solo in modo molto selettivo per proteggere le vite umane più esposte, non ha fatto nulla per sostenere il suo acceso sostegno ad Hamas, con due eccezioni.

La prima è stata una breve sparatoria tra mitragliatrici (che ha ucciso un giovane riservista appena arrivato dalla sua casa negli Stati Uniti), e l'altra il lancio di alcuni razzi da parte dei palestinesi che ospita in zona («Hamas in Libano»).

Il violento leader di Hezbollah, Nasrallah, e i suoi padroni iraniani continuano a invocare la distruzione di Israele (insieme ai consueti slogan di «morte agli Stati Uniti»), ma nel frattempo nessuno dei due ha reagito alla distruzione, da parte di Israele, dei terminal merci negli aeroporti di Aleppo e Damasco che l'Iran utilizza per consegnare le armi a Hezbollah.

A questo punto è impossibile dire se il piano di Nasrallah sia quello di iniziare lo sbarramento di razzi quando Israele inizierà l'offensiva su Gaza, o se abbia in mente un altro punto di avvio, o se sia scoraggiato dalla vulnerabilità dei suoi sostenitori sciiti nel sud del Libano all'artiglieria di Israele, mortai compresi, così come alla sua potenza aerea - che l'ultima volta, nel 2006, ha lasciato in rovina il sud sciita di Beirut insieme al quartier generale e alle caserme di Hezbollah.

Dopo quella guerra, Nasrallah, con lodevole onestà, dichiarò che non avrebbe mai iniziato il conflitto se avesse conosciuto in anticipo i danni che la potenza israeliana avrebbe inflitto alle case dei suoi seguaci (per mitigare la loro furia, i funzionari di Hezbollah iniziarono a girare con sacchi interi di dollari americani forniti dall'Iran per risarcire almeno in parte le vittime).

Non è irragionevole aspettarsi che l'unico leader della regione che si preoccupa dei suoi sostenitori (Hamas sacrifica volentieri i suoi seguaci alla causa islamica) non voglia esporli a un'altra devastante campagna di bombardamenti, solo per lanciare dei razzi contro Israele - soprattutto perché dal 2006 la capacità di fuoco israeliana è quasi triplicata (senza voler citare anche la piccola questione della vulnerabilità personale di Nasrallah).

Gli esperti di Medio Oriente sottolineeranno immediatamente come sia sbagliato avere ragionevoli speranze nel futuro della regione, ma per ora Israele si concentra su Hamas e sul suo sistema di tunnel, senza il quale non può lanciare razzi, le uniche armi di cui dispone.

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