Cronaca giudiziaria

Uccise un ladro, andrà in carcere. "Oggi mi girerei dall'altra parte"

Il vigilante condannato per la morte di un giostraio, i pm avevano dato parere contrario. "Deluso dalla giustizia"

Uccise un ladro, andrà in carcere. "Oggi mi girerei dall'altra parte"

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Uccise un ladro, andrà in carcere. "Oggi mi girerei dall'altra parte"

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All'alba del 22 aprile 2017 sparò due colpi di pistola contro tre rapinatori che avevano messo a segno diversi colpi nei bancomat della zona di Cittadella, in provincia di Padova. Uno di quei colpi centrò uno dei tre uomini, un giostraio, in fuga su un'auto inseguita dai carabinieri.

Adesso Massimo Zen, guardia giurata di 52 anni, è in attesa di essere portato in carcere dopo che nei giorni scorsi la Corte di Cassazione ha confermato la pena a nove anni e sei mesi di reclusione inflitta per omicidio volontario. Nonostante la Procura generale avesse chiesto di annullare la condanna e rimandare il caso alla Corte di Appello perché «l'evento si sviluppò nel contesto di una attività lecita, seppur rischiosa, che aveva determinato una situazione che imponeva una reazione», la Suprema Corte ha ritenuto esatta l'impostazione dei giudici di secondo grado disponendo il carcere per l'uomo che adesso si dice deluso dalla giustizia, «che non ha tenuto conto della situazione in cui si era trovato a operare», e attende a casa, con la sua compagna, l'arrivo dei carabinieri. Secondo la ricostruzione effettuata dal Corriere del Veneto, la guardia giurata mise la macchina di traverso per cercare di bloccare i malviventi, quando i banditi puntarono su di lui per investirlo esplose due colpi, uno dei quali sfondò il parabrezza e uccise Manuel Major, uno dei rapinatori.

Il 52enne racconta di essere deluso anche dal comportamento dell'azienda per la quale prestava servizio. «Dopo aver promesso sostegno dice - mi ha lasciato a spasso appena mi è stata tolta la possibilità di lavorare con il risultato che, da un anno e mezzo, tiro avanti con l'assegno di disoccupazione». Ma la sua amarezza è anche nei confronti «della politica». «Nei giorni seguenti alla sparatoria - sostiene Zen - diversi politici dichiararono ai giornali la loro solidarietà nei miei confronti. Eravamo in periodo elettorale ma, nel giro di poco tempo, la loro vicinanza non si è fatta più sentire». E a chi gli chiede se lo rifarebbe, risponde senza esitare: «No, considerando le leggi che ci sono in Italia, oggi mi girerei dall'altra parte». Zen racconta anche la difficoltà delle sue ultime ore da uomo libero. «Ancora non so quando mi verranno a prendere per portarmi in carcere spiega -. A ogni modo, sono le mie ultime ore di libertà. Ho abbracciato mio figlio, comprato le crocchette per i cani, ho salutato i miei genitori, che sono entrambi malati. Ora voglio rimanere a casa, accanto alla mia compagna: aspetto con lei l'arrivo dei carabinieri». «Ancora non riesco a rendermene conto prosegue - Fino a quel giorno, per oltre vent'anni ho indossato una divisa e i malviventi ero abituato a catturarli. Invece ora tocca a me andare in carcere e non so cosa aspettarmi. Quindi, ora come ora, più che preoccupato da ciò che mi aspetta, sono deluso». Zen fornisce anche la sua ricostruzione della vicenda, che ricorda come fosse ora. «Quella notte sono di servizio per controllare diverse aziende - dice -. Mi fermo a parlare con una pattuglia di carabinieri, quando ricevono l'allarme che un bancomat è stato assaltato e, subito dopo, dalla centrale operativa mi segnalano che anche una filiale nostra cliente è stata presa di mira. I militari corrono sul posto e io continuo il mio solito giro, rimanendo in contatto con loro. Al quarto bancomat svaligiato, loro riescono finalmente a intercettare i banditi e si mettono all'inseguimento. All'improvviso me li vedo spuntare davanti e metto l'auto di traverso sulla strada, per bloccarne la fuga». «Scendo dal veicolo e mi posiziono di lato - racconta ancora Zen -. Questione di secondi. Vedo la vettura dei rapinatori venire dritta verso di me e mi convinco che vogliano investirmi. Per non farmi ammazzare, premo il grilletto due volte: il primo proiettile finisce nel cofano, l'altro attraversa il parabrezza e uccide l'uomo alla guida».

Una versione che non è bastata a convincere i giudici.

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