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Vincenzo Agostino e i 35 anni contro la mafia. Mattarella: "Un esempio"

Chiedeva giustizia per il figlio ucciso da Cosa Nostra. Per protesta non si era più tagliato la barba

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Papà «coraggio», quella targa per commemorare il figlio Nino, agente di polizia ucciso dalla mafia, adesso la vedrà dal cielo. Continuerà a stare a ridosso dell'acqua, piantata sul terreno del lungomare Cristoforo Colombo, a Villagrazia di Carini, paese a 26 chilometri da Palermo, poco distante in linea d'aria dal punto in cui mille chili di tritolo fecero saltare in aria il giudice Giovanni Falcone insieme alla moglie e a tre agenti della scorta.

Vincenzo Agostino è morto a 87 anni cercando ancora la verità per il figlio, ammazzato a 28 anni all'altezza dell'ex civico 699 da due sicari di Cosa Nostra che non ebbero alcuno scrupolo a uccidere la moglie incinta con un colpo di pistola alla pancia. «Io lo so chi siete» urlò la 19enne Ida Castelluccio agli assassini poco prima di emettere l'ultimo respiro. All'inizio il caso fu spacciato per «omicidio passionale» mentre ignoti fecero sparire documenti dalla casa del giovane agente. Il figlio di Vincenzo ufficialmente era un poliziotto del servizio Volanti di Palermo ma in realtà dava la caccia agli affiliati di Cosa Nostra. E lo faceva in gran segreto e per conto proprio del magistrato Falcone. Che al funerale di Nino Agostino dirà: «Quest'omicidio è stato fatto contro di me».

Era il 5 agosto 1989. Da quel giorno, davanti alla tomba del figlio, Vincenzo Agostino fu categorico: «Non mi taglierò più la barba fino a quando non saprò la verità». Chiedeva giustizia, denunciava i depistaggi sulle indagini ma lo faceva con dignità, senza clamore e quasi in silenzio. Una volta lo vedevi con una felpa che ritraeva il volto del figlio accanto al simbolo della polizia di Stato, un'altra volta lo vedevi girare al palazzo di giustizia di Palermo per chiedere se vi fossero novità sulle indagini. E ogni giorno la barba, purtroppo, cresceva. Senza sosta. Per 34 anni. Nel frattempo Vincenzo ha visto andar via anche la moglie, compagna di battaglie. E la barba, così come il tempo, non arrestava la sua corsa. Poi, il 6 ottobre dell'anno scorso, un piccolo sussulto di pace dopo che la corte d'Appello ha confermato l'ergastolo per il boss di Resuttana Nino Madonia. «Ora toglierò la scritta sulla lapide di mia moglie: morta in attesa di verità e giustizia». Non era ancora finita, però. Per avere completa giustizia, Agostino attendeva la fine del processo con rito ordinario. Ma non ha fatto in tempo a vederla. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo ha definito «protagonista di un costante e coraggioso impegno contro i crimini della mafia e per la ricerca della verità». La sua morte è stata accolta con commozione dal mondo della politica.

La presidente della commissione antimafia, Chiara Colosimo, ha scritto: «La tua battaglia sarà la nostra battaglia e Nino sarà il figlio di tutti noi».

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