Visita ad Atlanta dopo la strage La protesta: "Asian Lives Matter"

Il presidente incontra la comunità asiatica preoccupata del razzismo: +150% in un anno

Visita ad Atlanta dopo la strage La protesta: "Asian Lives Matter"

Non solo le vite dei neri contano. Anche quelle degli asiatici. Asian Lives Matter. Lo hanno urlato centinaia di asioamericani scesi in strada a Washington e New York dopo la sparatoria in tre centri massaggi ad Atlanta, Georgia, in cui sei delle otto vittime erano asiatiche. Non è un caso che dopo la strage del 17 marzo, Joe Biden sia volato ieri ad Atlanta (con un fuori programma durante l'imbarco, tre scivolate sulle scale dalla quale si è subito rialzato). Con lui la numero due Kamala Harris, che non è solo la prima donna vicepresidente, ma anche la prima di origine asiatica, oltre che afroamericana. In coppia per discutere con i leader locali degli attacchi e delle minacce crescenti agli americani di origine asiatica, condannati «nei termini più duri» da Biden, che esorta il Congresso «ad approvare rapidamente il Covid-19 Hate Crimes Act, per velocizzare la risposta del governo federale all'aumento dei crimini di odio». «Spetta a tutti noi sradicare il razzismo e non dare all'odio un porto sicuro in America», ha detto il presidente.

La visita era prevista per promuovere il piano di aiuti anti-Covid, ma le circostanze hanno costretto l'Amministrazione a un cambio di contenuti. Sebbene nell'attacco di Atlanta la polizia abbia escluso in un primo momento il movente razziale, molto resta ancora da chiarire sulle motivazioni che hanno spinto Robert Aaran Long, 21 anni, a uccidere proprio in tre centri benessere asiatici. «Nessuna pista è esclusa», dice adesso la polizia, che sembra aver cambiato tono. Ma la comunità asiatica dell'intero Paese non ha dubbi: la carneficina si è consumata in un contesto di crescente intolleranza nei confronti degli asiatici. Una cornice che si è drammaticamente deteriorata durante la pandemia, quando in molti, tra cui l'ex presidente Trump, hanno ribattezzato il Covid-19 «virus cinese». Andrew Yang, imprenditore asioamericano candidato sindaco di New York con i Dem, ha raccontato che le cose sono solo peggiorate con il Covid: «Ricordo vividamente di essere cresciuto con questo costante senso di invisibilità, derisione e disprezzo. È la sensazione che non puoi essere americano se hai una faccia asiatica».

Già a fine gennaio Biden aveva firmato un ordine esecutivo in cui condannava l'ondata di razzismo contro la comunità asiatica. I dati presentati in queste ore da alcuni parlamentari al Comitato Giustizia della Camera provano che l'escalation c'è stata. I crimini d'odio contro gli asiatico-americani nelle 16 principali città del Paese sono cresciuti del 150% l'anno scorso. Lo sceriffo di Atlanta, Jay Baker, è stato sommerso dalle critiche, dicendosi poi «pentito», per aver detto dopo la strage: «L'assassino ha avuto una brutta giornata e ha fatto quel che ha fatto». Un suo post su Facebook a marzo invitava a comprare magliette con slogan sul «virus importato dalla Cina». Come con la comunità afroamericana, c'è il sospetto che parte delle forze dell'ordine strizzi l'occhio al razzismo. Ma a differenza che con i neri, l'opinione pubblica sottovaluta la discriminazione degli orientali. Ecco che Biden corre ai ripari. Gli asiatici sono un bacino di voti in crescita e in Georgia sono stati decisivi per la vittoria su Trump con 12mila voti (lo 0,2%).

Come se non bastasse, la Cina cavalca le accuse.

Mentre in Alaska il segretario di Stato americano e gli inviati cinesi si scambiano accuse pesanti, il ministero degli Esteri cinese ha definito la violenza contro gli asiatici in Usa «oltraggiosa e sconvolgente» e chiesto di «prendere misure concrete». Asian Lives Matter

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