Politica estera

"Vittoria dei Popolari". Ora Feijóo rivendica la chance di governo. Ma Sánchez è pronto a usare Eta e catalani

Trattative frenetiche, vertici di partito, ordini di arresto, festeggiamenti sia a destra che a sinistra e infine pure il ritorno dell'indipendentismo catalano sulla scena politica

"Vittoria dei Popolari". Ora Feijóo rivendica la chance di governo. Ma Sánchez è pronto a usare Eta e catalani

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Trattative frenetiche, vertici di partito, ordini di arresto, festeggiamenti sia a destra che a sinistra e infine pure il ritorno dell'indipendentismo catalano sulla scena politica. È il day-after delle elezioni generali in Spagna, ma è ben più agitato della vigilia. Dalle urne non è emersa una chiara maggioranza politica ed è immediatamente scattata la battaglia all'ultimo seggio per il governo della nazione, con il rischio che Re Felipe VI - arbitro supremo nel suo ruolo di capo dello Stato - venga trascinato in uno scontro senza esclusione di colpi.

Il Partito Popolare di Alberto Núñez Feijóo, dopo 7 anni di passione, ha sorpassato i Socialisti del premier uscente Pedro Sánchez. Il Pp è il più votato e ha conquistando 136 seggi contro i 122 del Psoe, ma nemmeno un'alleanza con l'estrema destra di Vox, arretrata a 33 scranni (da 52), garantisce ai Popolari la maggioranza assoluta, a quota 176. La somma Pp-Vox si ferma a quota 169. Da qui la guerra post-elettorale fra i due leader di una Spagna polarizzata, entrambi convinti di poter sedere alla Moncloa.

Feijóo si dice certo, in qualità di leader del partito con più consensi, di avere «il diritto di formare un governo». Ma il rivale socialista Sánchez non sembra essere intenzionato a sloggiare. Ieri, dopo la festa sulle note di «Pedro» di Raffaella Carrà, Sánchez «lo scommettitore» ha già avviato, tramite l'estrema sinistra di Sumar sua alleata, le trattative con gli indipendentisti catalani di Junts, la coalizione per la Catalogna guidata dall'esiliato Carles Puigdemont, padre della battaglia per la secessione. Con i 7 seggi di Junts, sommati a quelli dell'ultra-sinistra di Sumar (31), che Sánchez ha già in tasca, ai partiti che finora gli hanno dato appoggio esterno, dalla sinistra catalana di Erc (7) ai baschi di Bildu (6) e del Pnv (5), passando per i galiziani del Bng (1), Sánchez potrebbe raggiungere quota 179. L'appoggio di Junts gli è dunque indispensabile per ottenere la garanzia di governare.

Eppure, con una tempistica sui cui Puigdemont ironizza, proprio ieri la Procura della Corte Suprema ha chiesto un mandato d'arresto internazionale per il leader indipendentista e per Toni Comin, entrambi europarlamentari a Bruxelles, mentre al suo rientro a Barcellona, per la stessa ragione, è finita in manette l'europarlamentare di Junts, Clara Ponsati. «Un giorno sei decisivo per formare un governo in Spagna, il giorno dopo la Spagna ordina il tuo arresto», ha commentato Puigdemont, che prima dei nuovi sviluppi giudiziari aveva posto le sue condizioni per l'appoggio ai Socialisti: autodeterminazione e amnistia. Per il premier uscente, il mandato d'arresto potrebbe essere un elemento del baratto per restare alla Moncloa. In cambio dei voti di Junts, Sánchez potrebbe lavorare a una soluzione politica per i condannati catalani. E semmai la trattativa con Puigdemont non andasse in porto e il Psoe non accettasse le condizioni degli indipendentisti - come sostiene il segretario dei Socialisti catalani, Salvador Illa - Sánchez potrebbe sperare nell'astensione di Junts o in un appoggio esterno per un governo di minoranza. Il premier uscente esclude il ritorno alle urne: «Questa democrazia troverà la formula della governabilità». Lo conferma, attaccandolo, il leader di Vox, Santiago Abascal: «Pur avendo perso, Sánchez può bloccare la nomina di Feijóo ed essere nominato lui con l'appoggio del comunismo, del separatismo golpista e del terrorismo».

Eppure il leader dei Popolari ci crede ancora. Tratta anche lui con i baschi del Pnv (5 seggi), con il Cc (i nazionalisti delle Canarie, 1 seggio) e con l'Upn di Navarra (1 seggio), che con i 33 seggi di Vox lo porterebbero alla fatidica quota 176. Difficile che i baschi stiano in un'alleanza con gli ultranazionalisti di Vox. «L'importante è che il Paese non finisca in mano alla destra», ha spiegato Arnaldo Otegi, l'ex terrorista Eta, oggi coordinatore di Bildu. Ma i giochi si faranno nelle prossime ore. Quattro giorni dopo che il nuovo Parlamento si riunirà, il 17 agosto, il Re Felipe aprirà le consultazioni per decidere a chi affidare l'incarico. Alla seconda votazione in Aula basterà la maggioranza semplice. Se non si troverà la quadra entro due mesi, il sovrano scioglierà le Camera e si andrebbe a nuove elezioni a fine anno oppure a inizio 2024. Uno scenario che preoccupa tutto il continente.

La Spagna non può permettersi tanti mesi di instabilità.

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